giovedì 27 settembre 2018

Corriere 27.9.18
Contro l’avidità, l’eco-socialismo: così Corbyn spinge il Labour a sinistra
Il segretario chiude il congresso di Liverpool
di Luigi Ippolito


Londra Jeremy Corbyn contro Gordon Gekko: nel suo discorso di chiusura al congresso laburista, il leader dell’opposizione britannica ha fatto riferimento al finanziere impersonato da Michael Douglas nel celebre film Wall Street. E se Gekko proclamava che greed is good, l’avidità è un bene — il suo credo nel capitalismo selvaggio — Corbyn ribatte che «dieci anni fa l’intero edificio di greed is good, del capitalismo finanziario senza regole, lodato per una generazione come l’unica maniera di condurre un’economia moderna, si è schiantato a terra con conseguenze devastanti. Ma invece di fare i cambiamenti essenziali a un sistema economico fallito, l’establishment politico e aziendale si è teso allo spasimo per salvare e sostenere quello stesso sistema che aveva portato al crollo».
La lezione che Corbyn trae dalla crisi finanziaria del 2007-2008 e dalle sue conseguenze è lineare: il capitalismo neoliberista ha fallito e va superato in nome di un’alternativa socialista. Per questo il Labour è pronto a mettere in atto «un piano radicale per ricostruire e trasformare il nostro Paese». Perché Corbyn è convinto che il suo programma di ultrasinistra «rappresenti il nuovo senso comune del nostro tempo», forte del 40 per cento dei voti raccolti l’anno scorso e dei sondaggi che lo danno col vento in poppa. Non più, quindi, idee strampalate appannaggio di gruppuscoli estremisti, ma un nuovo mainstream in grado di delineare un diverso orizzonte di società.
E in effetti il programma presentato dai laburisti in questo congresso di Liverpool è il più spostato a sinistra da decenni: fra le proposte, quella di consegnare ai lavoratori il dieci per cento delle azioni delle grandi aziende, di far sedere i rappresentanti operai nei consigli di amministrazione e dar via a un ampio pacchetto di nazionalizzazioni, dalle ferrovie alle poste alle industrie energetiche. Idee che, stando ai sondaggi, trovano il consenso della maggioranza dei cittadini.
Il paradosso della politica britannica attuale è però che più il Labour si sposta a sinistra, più i conservatori vanno a destra, lasciando un vuoto al centro. Mentre Corbyn annunciava la sua visione «per una società più giusta», la premier Theresa May rivelava l’intenzione del suo governo, dopo la Brexit, di trasformare la Gran Bretagna in un paradiso fiscale per le aziende, una Singapore sul Tamigi in grado di fare concorrenza all’Europa. Un progetto ultraliberista agli antipodi del socialismo corbyniano, che è per di più venato di ecologismo: il leader ha promesso una «rivoluzione verde» con l’obiettivo di ridurre le emissioni britanniche del 60% entro il 2030 e azzerarle per il 2050..
Ma il macigno sulla strada di tutti questi programmi resta la Brexit: sulla quale il Labour non è riuscito a sciogliere le sue contraddizioni. Il congresso ha approvato una mozione in cui si dice che, in caso di fallimento dei negoziati, tutte le opzioni devono restare sul tavolo, incluso un nuovo referendum. Ma se la base intravede una possibilità di fermare la Brexit, la leadership del partito ha ribadito che il risultato del referendum del 2016 non è in discussione. E che il Labour intende invece votare contro gli accordi in Parlamento in modo da andare a elezioni anticipate.