mercoledì 19 settembre 2018

Corriere 19.9.18
Trieste, dibattito negato
Che autogol il no ai liceali sul razzismo
di Claudio Magris


Il Comune di Trieste, governato da una giunta di destra, come è noto ha negato, tra ripensamenti oscillazioni e precisazioni, la sala comunale a una discussione proposta, con un manifesto moderato e ineccepibile, dagli studenti del Liceo Petrarca sulle leggi razziali proclamate da Mussolini a Trieste il 18 settembre 1938. Un autogol della destra che è un vero, ancorché involontario, regalo fatto ai suoi avversari e smaschera i propositi di sicurezza e di ordine sbandierati dalla destra al potere.
U na decisione che non si comprende. È curioso che la destra si preoccupi del ricordo delle leggi razziali. È comprensibile, anche se ripugnante, cercare consensi e destare paure — che, come tutte le paure, si traducono facilmente in rifiuto anche aggressivo e violento — parlando di plebi senza nome e di altro colore, che attraversano mari e inferni d’ogni genere e che vengono fatte apparire pericolose non solo per la loro diversità ma anche per la loro miseria e la loro fame che possono indurre a reati. Ovviamente, se vengono perpetrati dei reati questi devono essere puniti senza riguardi di nessun genere. Quella giudice che in Germania ha assolto un turco colpevole di stupro non solo ha commesso una grave ingiustizia, disonorando la sua toga, ma ha danneggiato gravemente la causa degli emigrati, destando ira e sospetti. Inoltre, assolvendo il delinquente in quanto secondo lei il suo reato rientrava nella sua cultura, ha offeso tutti i musulmani considerati in blocco degli stupratori e ha dimenticato che ognuno ha la sua cultura. Pure il nazismo e il criminale antisemitismo nazista avevano la loro cultura e non per questo l’abominio di Auschwitz appare più scusabile.
Il falso politically correct di molte anime benintenzionate dà un grande aiuto alla retorica totalitaria e razzista. Chi è animato, come dovrebbe essere ognuno, da autentico spirito di solidarietà e fraternità umana non ignora certo ad esempio che un eventuale numero spropositato di migranti, oggi disonestamente enfatizzato, costituirebbe un problema assai grave, oggi lontano. Se milioni di contadini cinesi morti di fame nella disastrosa campagna maoista del «grande balzo» fossero arrivati in Italia, sarebbe stato arduo o impossibile accoglierli tutti. Ciò non autorizza a seminare odio verso altri sventurati, vittime di altri poteri e di altre ingiustizie e dipinti indiscriminatamente come possibili ladri e rapinatori. È vero che chi non ha da mangiare può avere la tentazione di rubare e rapinare, mentre il proprietario di una banca non ha bisogno di rapinarla con la pistola, terrorizzando i clienti agli sportelli.
Ma perché l’ovvia condanna delle turpi leggi razziali — in particolare antisemite, antiebraiche — dovrebbe mettere in imbarazzo qualcuno? Gli ebrei italiani non erano certo temuti come possibili malviventi; è difficile immaginare che il rapinatore con la pistola descritto dal ministro degli Interni sia un ebreo italiano e lo era altrettanto improbabile nella Trieste di quegli anni. A Trieste, in particolare, gli ebrei si erano distinti per il patriottismo italiano, sin dai tempi dell’irredentismo; molti di essi avevano accettato di buon grado lo stesso fascismo. Uno dei più famosi e apprezzati sindaci di Trieste rimane il podestà fascista Salem, esponente della comunità ebraica e per molti anni al governo della città. Il fascismo stesso, persecutore degli avversari politici e degli sloveni, non era originariamente antisemita. Le leggi razziali provocarono pure tragedie e drammi individuali fra gli ebrei fascisti — ad esempio Enrico Rocca, ebreo goriziano e grande studioso di letteratura tedesca, sansepolcrista ovvero fascista della prima ora e morto suicida, sconvolto dal razzismo fascista. Piero Iacchia, uno dei fondatori dei fasci triestini, morì più tardi in Spagna combattendo contro Franco.
Probabilmente neppure Mussolini, prima dell’asservimento al nazismo, era antisemita, quando parlava con ammirazione di Michelstaedter o quando definiva Hitler «orribile degenerato sessuale» e disprezzava il popolo tedesco come un popolo che viveva nelle selve e ignorava la scrittura quando Roma aveva Augusto, Orazio e Virgilio. Non molti anni dopo, in occasione della visita trionfale del Führer a Roma, dove il Duce aveva fatto ricoprire i lavori in corso dei Fori Imperiali per offrire una migliore immagine della Città eterna, una delle ultime anonime pasquinate diceva: «Roma de travertino/rifatta de cartone/saluta l’Imbianchino/suo prossimo padrone». A Trieste molti ebrei sarebbero stati uccisi, insieme ad altri antifascisti durante l’occupazione nazista nell’ultimo periodo di guerra, nella Risiera, nell’unico forno crematorio esistente in Italia.
Non è male, dopo molti stupidi capitomboli della sinistra, che ci sia una vistosa autorete della destra. La sbandata sinistra ringrazia; se son rose, fioriranno.