Corriere 10.9.18
Sergio Tau su Salò (Marsilio)
Ragazzi dalla parte sbagliata
di Dino Messina
Fa
bene Pietrangelo Buttafuoco nella scoppiettante prefazione a La
repubblica dei vinti. Storie di italiani a Salò di Sergio Tau (Marsilio,
pagine 348, e 18) a sottolineare quanto siano lontani i tempi di
Palmiro Togliatti (appello ai fratelli in camicia nera, 1936) e anche
quelli di Luciano Violante, che nel 1996, nel memorabile discorso di
insediamento da presidente alla Camera, invitò a capire le ragioni di
ragazze e ragazzi che avevano combattuto dalla parte sbagliata.
Interpretazioni troppo politiche, in quest’epoca post ideologica che
dell’antifascismo ha conservato non l’acume delle menti illuminate, ma
la facciata di un perbenismo spento.
In un’epoca distratta non
resta che il dovere della testimonianza. Una regola tanto più valida se
il racconto lo fanno i maledetti, i ragazzi di ieri che si schierarono
dalla parte sbagliata della barricata, contro la democrazia, per il
fascismo.
Che cosa hanno da insegnare queste testimonianze? È la
domanda, la sfida che si pose Sergio Tau quando nel 1997 per Radio Due
realizzò non senza scandalo una serie di trasmissioni in cui dava la
parola a chi fino a ieri, prima del discorso di Violante, era
considerato un «non uomo», un reietto della storia, a meno che non
avesse rinnegato il suo passato e non fosse passato, come spesso
accadde, nelle file del Partito comunista.
Per quanti invece non
volevano rinnegare la loro scelta in buona fede restava solo il
silenzio. E il risentimento. Sergio Tau ha il merito in questo libro,
che ripercorre dal basso e dall’interno le tappe della tragica
repubblica di Salò, di dar voce, senza intenti revisionistici, a uomini e
donne (circa 250 mila) che combatterono a fianco dei nazisti. Molti lo
fecero perché risposero di malavoglia ai bandi di arruolamento del
maresciallo Rodolfo Graziani, altri perché erano fanatici sanguinari.
Per tanti il caso scelse in loro vece, come la crocerossina Antonia
Setti Carraro, che l’8 settembre si trovava in nave per soccorrere i
feriti in Grecia e fu portata a servire nei campi di addestramento in
Germania. La maggior parte dei volontari erano ragazzi di 18 e 19 anni
(classi 1924 e 1925), nati, cresciuti ed educati sotto il fascismo,
traumatizzati dal crollo del regime (25 luglio 1943) e soprattutto dalla
fuga ignominiosa del governo e del re, che chiuse il Quirinale come una
casa privata e partì alla volta di Pescara per mettersi in salvo. I
giovani che si arruolarono nella Rsi credettero di risollevare l’onore
caduto dell’Italia continuando a combattere con l’alleato di ieri, che
in realtà li disprezzava, come raccontano molti testimoni intervistati
da Tau.
Carlo Mazzantini, uno dei ragazzi di Salò, che su quella
tragedia ha scritto il romanzo più bello, A cercar la bella morte
(Mondadori, 1986; Marsilio 1995), li chiamava i «capri espiatori». Su di
loro caddero infatti tutte (o quasi) le colpe dei disastri compiuti dal
regime in un Paese fino a ieri fascista che all’improvviso si era
scoperto antifascista. Erano i più giovani e si assunsero una
insostenibile responsabilità storica. Partirono con la convinzione di
andare a combattere gli Alleati e si ritrovarono invece il più delle
volte in prima linea nel dramma della guerra civile. Italiani contro
altri italiani.
Molti finirono nei campi di prigionia come San
Rossore e Coltano, vennero processati, condannati. Rimasero in un
rancoroso silenzio, finché qualcuno non restituì loro il diritto di
parola.