Corriere 10.9.18
Ideologie Un saggio del 1978, ora riproposto da Aragno, aprì la fase dell’aspro duello a sinistra tra Psi e Pci
E Craxi mise in scacco i comunisti giocando Proudhon contro Lenin
di Sergio Romano
Nel
marzo del 1919, meno di due anni dopo la rivoluzione d’Ottobre, Lenin
creò una nuova Internazionale (la Terza) e invitò i partiti socialisti a
diventarne membri. Ma dettò 21 condizioni che facevano dei bolscevichi i
padroni della associazione e pose perentoriamente due condizioni: che i
candidati cambiassero nome, divenendo «sezioni nazionali della Terza
Internazionale», e si sbarazzassero di alcuni fra i maggiori esponenti
della socialdemocrazia europea fra i quali, per l’Italia, Filippo Turati
e Giuseppe Emanuele Modigliani. Questo diktat ebbe l’effetto di
provocare la scissione del Partito socialista francese a Tours nel 1920 e
del Partito socialista italiano a Livorno nel 1921.
Comincia da
allora la storia delle relazioni fra il socialismo e il comunismo: un
lungo duello fatto di bisticci, dispetti, polemiche ideologiche e accuse
reciproche, ma anche di tregue e alleanze elettorali, come i Fronti
popolari di Spagna e Francia nel 1936, e il patto dei due partiti
italiani per le elezioni del 18 aprile 1948. L’alleanza italiana provocò
nella famiglia socialista un’altra rottura: quella fra i socialisti di
Pietro Nenni e i socialdemocratici di Giuseppe Saragat, che i due leader
cercarono inutilmente di ricucire dopo la elezione del secondo alla
presidenza della Repubblica nel 1964.
Quando prese il posto di
Francesco De Martino alla guida del Psi, Bettino Craxi ereditò un
partito che si era legato le mani impegnandosi a non entrare in un
governo di cui non facessero parte anche i comunisti. Questo accadeva in
una fase in cui alcuni partiti comunisti dell’Europa occidentale
cominciavano a prendere prudentemente le distanze dal Partito comunista
della Unione Sovietica, e in cui il segretario del Pci, Enrico
Berlinguer, proponeva alla Democrazia cristiana un «compromesso
storico». Craxi capì che la prima vittima di questa combinazione
(eurocomunismo e compromesso storico) sarebbe stata il Psi, e ne ebbe
una drammatica conferma quando, nelle elezioni politiche del 1976, i
comunisti conquistarono il 34,4% dei voti contro il 38,7% alla
Democrazia cristiana e un magro 9,6% al Psi.
La storia del modo in
cui Craxi, divenuto segretario dopo quella sconfitta, reagì alla crisi
del suo partito è ricordata ora da Giovanni Scirocco, con esemplare
chiarezza e la necessaria documentazione, in un libro pubblicato da
Aragno. Il titolo Il Vangelo socialista è quello dell’articolo che Craxi
pubblicò su «L’Espresso» il 28 agosto 1978. Occorreva dimostrare, anche
sulla scorta di riflessioni e sollecitazioni provenienti da Norberto
Bobbio, che il Partito socialista non era né un rottame della storia né
l’umile scudiero del Pci. Ma per riuscirvi era necessario demolire
l’edificio costruito dai bolscevichi intorno alla rivoluzione d’Ottobre,
dimostrare che la dittatura del proletariato era stata, in realtà la
dittatura di una grande macchina burocratica, che la collettivizzazione
aveva soppresso la libertà e che il socialismo, invece, era «un
liberalismo organizzato e organizzatore». Per sviluppare queste idee
Craxi si affidò a un brillante sociologo, Luciano Pellicani, che sarebbe
poi divenuto direttore di «Mondoperaio». Si devono soprattutto a lui i
frequenti riferimenti a Pierre-Joseph Proudhon, critico di Marx, teorico
della una proprietà diffusa, e agli intellettuali che avevano sfidato
Lenin (fra cui Bertrand Russell, Carlo Rosselli, Rosa Luxemburg). Con
questi nomi Craxi dette al socialismo i suoi quarti di nobiltà e un
albero genealogico.
Scirocco ha completato il libro pubblicando le
numerose lettere (una cinquantina) che Luciano Pellicani scambiò fra il
1975 e il 1985 con un altro studioso, Virgilio Dagnino, sui temi che
formano la sostanza dell’articolo di Craxi. Non è necessario condividere
tutte le loro tesi per rimpiangere un’epoca in cui la politica si
nutriva di questo pane. Il confronto con i nostri giorni è
drammaticamente penoso.