Repubblica 2.7.18
Souvenir della mente
Una foto dopo l’altra così il ricordo si cancella
Presi dagli scatti con il telefonino non memorizziamo i dettagli reali E l’emotività sui social non aiuta
di Giuliano Aluffi
Se volete serbare un buon ricordo delle meraviglie viste in vacanza, tenetevi lontani il più possibile da Snapchat e Instagram.
L’uso
dei social media può, infatti, ostacolare la formazione dei ricordi. Lo
suggeriscono due psicologi dell’università della California di Santa
Cruz che sul tema hanno firmato uno studio pubblicato sul Journal of
Applied Research in Memory and Cognition. Il punto di partenza dei
ricercatori, Julia Soares e Benjamin Storm, è stato indagare cosa accade
quando sappiamo di poter evitare la fatica di memorizzare ciò che
osserviamo, delegandola a un supporto permanente come le fotografie. È
il cosiddetto effetto offloading (scaricamento) della memoria, quello
per cui molti non saprebbero dire nemmeno il numero di telefono dei
parenti più stretti, avendo sottomano 24 ore su 24 la rubrica del
cellulare.
Nel primo dei due esperimenti descritti, a 42 studenti
sono state mostrate alcune opere d’arte su uno schermo, in tre
condizioni diverse: osservazione passiva dei quadri, scatto di una foto
con lo smartphone, oppure foto presa con Snapchat per inviarla a un
contatto. Dieci minuti dopo ogni prova, i partecipanti al test hanno
compilato un questionario con 30 domande sui dettagli delle opere viste,
come: “Nella Lezione di anatomia di Rembrandt, cosa sta tagliando
l’istruttore con le forbici?”.
Risultato: la semplice osservazione
dei quadri ha permesso la performance migliore (60 per cento di
risposte giuste), mentre chi aveva scattato foto con l’app del cellulare
ha dimostrato di avere una memoria meno solida (punteggio del 45 per
cento), ancora più lacunosa nel caso delle foto scattate con Snapchat
(35 per cento). Nel secondo esperimento Snapchat — che prevede
fotografie temporanee, che vengono cancellate dallo stesso social
network — è stato rimpiazzato dalla eliminazione manuale, da parte degli
studenti, delle foto appena scattate. Anche da questo test è emersa una
superiore capacità mnemonica di chi aveva osservato i dipinti (55 per
cento di risposte giuste), rispetto a chi li aveva fotografati (meno
della metà).
Lo studio ha dimostrato che l’effetto offloading può
avere un ruolo, ma da solo non basta a spiegare tutto. Infatti, sia
usando Snapchat, che rimuovendo manualmente la foto, si è consci che lo
scatto in questione non sarà più disponibile in futuro, e quindi la
funzione di supporto esterno alla memoria dello smartphone viene a
mancare.
«L’ipotesi conclusiva dello studio, piuttosto sensata, è
che sia l’atto stesso dello scattare fotografie — indipendentemente dal
sapere di poterle consultare o meno in futuro — a disturbare la
formazione del ricordo», spiega Gabriella Bottini, docente di
neuropsicologia all’Università di Pavia. Per l’esperta «è vero che
spesso demandiamo agli “strumenti-prolunga” diverse funzioni cerebrali,
non solo la memoria ma anche l’orientamento spaziale, di cui il
navigatore Gps può occuparsi al posto nostro. Però non demonizzerei le
foto: in un museo scattare una foto a un dipinto che non abbiamo mai
visto prima è un uso vantaggioso di questo strumento, un’estensione
delle nostre capacità. E i dettagli di quadro non sono tutto: contano
anche gli aspetti emotivi». Ed è proprio l’aspetto emotivo che potrebbe
spiegare l’effetto “foto anti-ricordo” di Snapchat.
«I social
network richiamano alla mente tutti gli aspetti emotivi legati alle
amicizie — sottolinea Bottini — e ciò può distrarre e portare a una
minore capacità di memorizzare uno stimolo».
Le fotografie non
ruberanno l’anima, come temevano i nativi americani secondo
l’antropologa Carolyn J. Marr, ma qualcosa al ricordo a quanto pare la
sottraggono.