martedì 3 luglio 2018

La Stampa 3.7.18
Siria, 270.000 profughi ai confini con Israele
Dopo l’offensiva di Assad centinaia di tendopoli in pochi giorni. La Giordania e lo Stato ebraico non aprono le frontiere
di Giordano Stabile


Una città di tende, baracche, pezzi di lamiera appoggiati uno sopra l’altro è sorta all’improvviso, nel giro di pochi giorni ed è cresciuta a dismisura, 10, 30, 70 mila abitanti. Migliaia di famiglie che premono al posto di frontiera di Nassib, il più importante fra Siria e Giordania, preso d’assalto dalle truppe di Bashar al-Assad. È l’ultima crisi umanitaria siriana, dopo quelle nelle province di Homs, Aleppo, che negli anni scorsi hanno creato milioni di profughi. Ora è la volta della provincia di Daraa, nel Sud-Ovest del Paese, un triangolo strategico a cento chilometri da Damasco e incuneato fra il confine giordano e le Alture del Golan. Dopo la conquista della Ghouta orientale, era il principale obiettivo del raiss. L’offensiva, cominciata 10 giorni fa, è andata spedita, con decine di villaggi e cittadine riconquistati. Oltre metà dell’area è ora nelle mani del regime ma 270 mila persone sono rimaste senza casa, in fuga.
La Giordania ha accolto soltanto una dozzina di bambini, con gravi ferite, che saranno curati e poi rimandati in Siria. L’esercito israeliano ha fornito tende, cibo, medicinali e ha evacuato alcuni feriti, civili. Ma sia la Giordania che Israele hanno detto chiaramente che «non accoglieranno profughi».
Crisi e rischio jihadisti
Il governo di Amman, contestato per le misure di austerità imposte dalla crisi e dal Fondo monetario, già non sa come fronteggiare le esigenze di 670 mila rifugiati siriani, che affollano immensi campi profughi, come quello di Zaatari, quasi centomila persone in due chilometri quadrati. Il regno hashemita, come Israele, teme però anche infiltrazioni di jihadisti. La provincia di Daraa era controllata dall’Esercito siriano libero ma anche dal gruppo islamista Hayat al-Tahrir al-Sham.
Le difese ribelli sono state travolte dai raid dell’aviazione siriana e russa e dalle avanguardie corazzate della Quarta divisione meccanizzata e dell’unità d’élite Qawat al-Nimr, le Tigri. Assad vuole chiudere la partita in poche settimane. Dopo la provincia di Daraa toccherà a quella di Quneitra, adiacente al Golan, dove Israele ha già inviato rinforzi, compresi reparti corazzati. Ma la rapidità dell’avanzata ha sorpreso anche le organizzazioni umanitarie. «Ci aspettavamo al massimo 200 mila sfollati - ha ammesso Mohammed Hawari, portavoce dell’Agenzia Onu per i rifugiati in Giordania -, siamo già arrivati a 270 mila». Le Nazioni Unite hanno confermato che 70 mila sono al valico di Nasib, con «scarso accesso ad acqua e cibo», mentre le truppe governative sono arrivate ad appena tre chilometri. «Gli abitanti di Daraa sono in trappola, nel costante timore di essere colpiti - ha precisato Lynn Maalouf, direttrice delle ricerche sul Medio Oriente di Amnesty International -: il confine giordano è l’unica strada verso la salvezza». Ma Amman, fino a ieri sera, sembrava irremovibile.