La Stampa 2.7.18
Da Fico a Zingaretti: ma a sinista qualcosa si muove
di Federico Geremicca
Ora
che il progetto di Matteo Salvini si fa più chiaro negli obiettivi («Le
prossime europee saranno un referendum tra noi e le élite»), negli
strumenti («Una Lega delle leghe che unisca tutti i populisti») e
perfino nell’orizzonte temporale («Governeremo trent’anni»), il compito
che attende l’opposizione democratica si delinea in tutta la sua
importanza, ma anche difficoltà.
Infatti, l’ondata di favore che
accompagna il governo gialloverde non sembra attenuarsi: e del resto,
anche a Pontida, quella marea montante è stata nutrita con slogan ad
effetto e - per quanto irrealizzabili - non facili da avversare, in
tempi di brusche semplificazioni («Sono pronto a ignorare i limiti del
deficit: prima la felicità dei popoli»). Eppure qualcosa si muove:
emergono insofferenze, si lavora a tentativi di riorganizzazione. E
qualche segnale di vita arriva perfino dalla cosiddetta società civile.
A
tenere assieme questi accenni di reazione non sono controproposte in
materia di economia o di immigrazione, ma qualcosa di perfino
pre-politico: parliamo di valori, di principi non equivocabili e di
diritti - di diritti civili prima di tutto - che molti cittadini
consideravano ormai acquisiti e non contrattabili. Non è un caso,
insomma, se per manifestare la sua contrarietà alla chiusura dei porti
alle navi delle Ong, il presidente Fico sia ricorso alla parola
«solidarietà»; e se il sottosegretario Vincenzo Spadafora (M5S), nel
giorno del Gay pride, abbia polemizzato con ministri ed esponenti
leghisti avvertendo che «sui diritti non si torna indietro».
Varrebbe
forse la pena di annotare come - tanto al primo quanto al secondo - Di
Maio e Salvini abbiano replicato nell’identica e liquidatoria maniera:
si tratta solo di opinioni personali. Come se fosse un’eresia - o peggio
una colpa - avere opinioni personali in una fase nella quale su
questioni delicate e irrisolte (dalla sicurezza all’immigrazione, fino
all’Europa) si pretenderebbe l’affermazione nella maggioranza di una
sorta di incontestabile «pensiero unico».
Per questo è importante
che un segnale che qualcosa comincia a muoversi a quattro mesi dal
terremoto del voto di marzo, arrivi anche dal Pd. Dopo mesi di paralisi e
polemiche sempre meno comprensibili, i giochi sembrano finalmente
avviarsi con le prime candidature alla segreteria (da ieri è ufficiale
quella di Nicola Zingaretti) e con qualche embrione di ragionamento
intorno al come rimettere in campo un’opposizione degna di questo nome.
Non
sono per ora prevedibili né il percorso che sarà scelto né l’approdo
cui quel percorso porterà: un fronte repubblicano (come auspica il
ministro Calenda), qualcosa che vada comunque oltre il Pd (come pare
suggerire Romano Prodi) o un rilancio del Partito democratico, secondo
l’opinione di Zingaretti e - al momento - della maggioranza del Pd. A
fronte delle insofferenze che paiono cominciare a montare nel partito di
Beppe Grillo, ora si ipotizza la possibilità di un dialogo con pezzi di
quel Movimento. Si tratta di un’ipotesi che meriterà di esser
verificata: ma sarebbe inutile farlo prima di aver definito con nettezza
il profilo, la rotta e perfino il linguaggio della nuova opposizione da
mettere in campo.
Non sarà facile, perché su molti dei temi che
cavalcherà il governo sovranista si tratterà di andar contro i
sentimenti e le opinioni oggi prevalenti nella pubblica opinione e,
dunque, nell’elettorato. Ma non è una missione impossibile se come primo
terreno di unità - quasi un collante etico di questa nuova opposizione -
si sceglierà appunto quello dei diritti e delle conquiste civili, che
nessuno immaginava potessero tornare in discussione.
Si tratterà
di riallacciare fili, riprendere rapporti e - per il Pd - di procedere
ad una inevitabile sia pur implicita autocritica. Occorrerà infatti
tornare ad ascoltare intellettuali e mondo della cultura (i professoroni
e i professionisti della tartina, di renziana memoria...); servirà
ricostruire un rapporto col mondo del lavoro e, dunque, col sindacato;
ed al vasto e variegato universo del volontariato e dell’associazionismo
cattolico e laico bisognerà forse confermare con più nettezza che ciò
per cui si impegnano è considerato un valore imprescindibile anche
dall’opposizione politica che verrà in campo.
Solo così, forse, si
riuscirà a smentire la profezia di Salvini sui trent’anni di governo
populista. E solo così, magari, si riuscirà a far sentire meno solo uno
scrittore come Roberto Saviano: o un calciatore di colore come Mario
Balotelli, per settimane - incredibilmente - primo e unico oppositore
del governo gialloverde.