martedì 3 luglio 2018

Il Fatto 3.7.18
I silenzi della sinistra: “Ma il testo ridà diritti dopo 10 anni di buio”
Bordate di giornali e Confindustria, la Cgil aspetta le misure. Gli esperti “rossi” che aiutano il ministro difendono la norma
Cdf


Un testo frutto del lavoro di un gruppo di “comunisti”, un “giglio rosso” che “sussurra a Luigi Di Maio” (copyright Il Giornale), finanche “copiato pedissequamente” dalla Carta dei diritti della Cgil e dalla “la linea di Maurizio Landini”, come ha scritto sprezzante l’ex deputato Pdl ed ex dirigente della Cgil in Emilia Romagna, Giuliano Cazzola. Il “decreto dignità” non gode, come si suol dire, di buona stampa; Confindustria e le associazioni datoriali sono in rivolta, il Pd lo contesta, ma curiosamente finora neanche a sinistra qualcuno ha trovato il tempo per spendere due parole per un provvedimento che alla sinistra guarda.
Per orala Cgil tace. Da corso d’Italia non vogliono pronunciarsi in attesa di un testo definitivo; lo faranno forse oggi con le norme licenziate dal Consiglio dei ministri. Circola un po’ di malumore per non essere stati ancora coinvolti, ma anche un generale apprezzamento per un testo che recepisce alcune istanze del sindacato, anche se “si poteva fare di più” e preoccupa il possibile ritorno dei voucher durante l’esame parlamentare. “È un buon punto di partenza”, ammette un dirigente di peso della Cgil, “ma poi serve rilanciare”. Ieri Susanna Camusso ha definito “utile” la discussione aperta sui rider dal decreto.
Già nel 2016 la “Carta dei diritti” chiedeva il ripristino delle causali per i contratti a termine. Il testo studiato negli uffici del ministero del Lavoro va oltre, rende più costoso il ricorso al tempo determinato, riduce i rinnovi possibili e la durata massima, da 36 a 24 mesi, estendendo i limiti anche alla somministrazione, il lavoro affittato dalle agenzie interinali. Nasce dalle idee di un gruppo di esperti guidati dal professor Pasquale Tridico, tra cui Marco Barbieri, dirigente di Leu, già assessore in Puglia con Nichi Vendola e oggi ordinario di diritto del Lavoro all’Università di Foggia e Piergiovanni Alleva, 71 anni, giuslavorista e consigliere in Emilia Romagna con la lista “L’altra Europa con Tsipras”. Sono questi ultimi nomi, estranei al Movimento, ad aver fatto gridare al pericolo “rosso”, ma anche, forse, a spiegare l’imbarazzo da sinistra per un provvedimento che ha il marchio pentastellato.
“Le cose buone è bene che siano fatte, a prescindere da chi le fa”, spiega Barbieri (che specifica di non aver fatto da consulente formale). “Conta l’obiettivo. I 5Stelle hanno anche un’anima progressista con un’attenzione importante ai temi sociali – spiega Alleva – Di Maio mi è sembrato sincero nel voler ridare ai lavoratori condizioni di dignità”.
Per entrambi la svolta del testo parte dal ripristino delle causali, che fa infuriare Confindustria & Co.: “Le imprese italiane hanno convissuto con le causali da quando le ha introdotte il governo Fanfani nel ‘62 – spiega Barbieri -. È stata un’invenzione del Pd, col ministro Poletti, eliminare un’esperienza che ha funzionato bene per più di mezzo secolo facendo esplodere i contratti a termine. Sembra che Di Maio abbia proposto i Soviet ma non è così. Se l’esigenza è temporanea, allora le imprese assumano a termine, altrimenti no. La direttiva Ue del ‘99 dice che il lavoro a tempo indeterminato deve essere la ‘forma comune del rapporto di lavoro’”. Per Alleva la portata del provvedimento è evidente. “Tutti sanno qual è la posta in ballo. Il problema dietro le proteste di Confindustria e soci è che i contratti a termine con esigenze vere sono circa il 15%. Il resto è per risparmiare sui costi e tenere sotto ricatto il lavoratore. È una questione di potere sociale. Le pare possibile che oggi il 90% dei contratti è a termine?”. C’è però il rischio che aumentino i contenziosi… “Li chiamano così, ma sono diritti. Le imprese con lavoro di qualità non hanno bisogno di tenere sotto schiaffo i lavoratori. Non va alimentato un capitalismo straccione”. Per entrambi, il jobs act è stato un disastro, “il più grande colpo al lavoro della storia repubblicana” (Barbieri).
Entrambi gli esperti temono il ritorno dei vecchi voucher. Ed è vero che il testo è stato ammorbidito rispetto alle intenzioni iniziali, la causale ritorna per i contratti sopra i 12 mesi o il primo rinnovo, invece che per tutti i contratti. “Avrei voluto fosse più netto – ammette Alleva – ma condivido i piccoli passi. Se ora assumi un lavoratore a tempo è perché hai una ragione per farlo. Siamo tornati alla ragione. È la prima cosa vera di sinistra da dieci anni”. Anche Barbieri condivide: “Se i 5Stelle hanno preso tutti quei voti un motivo ci sarà…”