Il Fatto 2.7.18
“Sono stata richiedente asilo. Respinta, finii a Auschwitz”
Per
la senatrice a vita c’è il pericolo di tornare a pesanti
discriminazioni: “La massa è indifferente, sono pochi a fare le scelte”
di Gianni Barbacetto
“Sono
entrata in Senato in punta di piedi”, racconta Liliana Segre. “Io sono
vecchissima, compio 88 anni a settembre. Non avrei mai pensato di
diventare uno dei cinque senatori a vita. Quando mi hanno telefonato dal
Quirinale, pensavo che volessero consegnarmi un certificato, una targa,
una medaglia. Invece poi mi ha chiamato il presidente Sergio Mattarella
e mi ha detto: ‘Cara signora, questa mattina l’ho nominata senatrice a
vita’. Sono rimasta sbalordita. Quando mi ha ricevuto nel suo studio,
gli ho detto: ‘Grazie presidente! Ma chi le ha fatto il mio nome?’. E
lui mi ha risposto con queste parole: ‘Sono io che l’ho scelta. Chiunque
dovesse dirle che mi ha suggerito il suo nome farebbe millantato
credito’”.
La nomina è avvenuta nell’ottantesimo anniversario
dell’introduzione in Italia delle leggi razziali fasciste. Quando lei
scoprì di non potere più andare a scuola.
Avevo otto anni. Fu in
quell’occasione che scoprii di essere ebrea. La mia era una famiglia
ebraica atea, non avevo mai seguito forme religiose di alcun tipo. Mi
sono trovata a essere ebrea con le leggi razziali, quando non sono più
potuta andare in terza elementare. Oggi bisognerebbe avere la pazienza
di leggere tutti gli articoli di quelle leggi, che ai cittadini italiani
di religione ebraica proibivano non solo di andare a scuola, o di far
parte dell’esercito o dell’amministrazione pubblica, ma anche tante
altre cose: tenere cavalli, o tracce di lana (per gli stracciai di
Roma)… Per farti sentire diverso, inferiore.
Lei ha fatto l’esperienza, da bambina, di essere una richiedente asilo respinta, arrestata, detenuta.
Non
posso dimenticare che, quando mio padre nel 1943 decise – troppo tardi,
purtroppo – la fuga dall’Italia, siamo stati dei richiedenti asilo
respinti dalla Svizzera al confine. Eravamo io, mio papà e due cugini.
Di noi quattro, solo io alla fine sono sopravvissuta. Poi siamo stati
arrestati – io avevo 13 anni – e detenuti nei carceri di Varese, Como e
Milano San Vittore. E infine deportati ad Auschwitz. A 14 anni ho fatto
per un anno lavoro-schiavo in una fabbrica di munizioni della Siemens.
Sono stata liberata nel maggio del 1945, dopo essere stata bambina in
una situazione che neppure Primo Levi riesce a descrivere fino in fondo,
tanto che scrive: “Auschwitz è indicibile”.
Che cosa pensa quando passa davanti alla Stazione Centrale di Milano? Dal binario 21 partì per Auschwitz.
La
Stazione Centrale allora era doppia. Sotto i binari che conosciamo, ce
n’erano altri sotterranei da cui partivano le merci e gli animali. Da lì
– dove ora è stato realizzato il museo della Shoah – siamo partiti,
mentre attorno la città era silente, indifferente. Lì sotto entrammo in
centinaia, nell’indifferenza della città.
Lei ama Milano?
La
amo moltissimo. Sono nata a Milano, come i miei genitori e uno dei miei
nonni, milanese tra i fondatori della Croce verde. Un mio zio era un
fascista della prima ora e poi si è disperato per tutta la vita.
Una città indifferente, ha detto. Anche oggi?
La
amo nonostante tutto, come amo l’Italia. Oggi ci sono spiriti che
tentano di non essere indifferenti. Ma, come sempre, sono pochi a fare
scelte. La massa non sceglie, è indifferente. Non solo a Milano, ma in
Italia e nel mondo.
Tornata da Auschwitz, aveva più voglia di dimenticare o di raccontare?
Ha
sempre vinto il desiderio di vivere, quando tutto attorno era morte. Ma
al ritorno la delusione è stata grande, perché tornavamo, ma non
trovavamo più niente, né la casa, né la famiglia. E nessuno aveva voglia
di ascoltarci. Tutti avevano vissuto storie dolorose, nessuno aveva
voglia di ascoltarne di ancor più dolorose. La maggior parte di noi
sopravvissuti ha taciuto. Io ho taciuto per 45 anni. Dai miei 15,
compiuti pochi giorni dopo il mio ritorno, fino a quando, a 60 anni,
sono diventata nonna. Allora qualcosa mi ha spinto a parlare. Senza
odio. Cercando di parlare non troppo di morte, ma il più possibile di
vita. Mi ha spinto il fatto che avevo vinto su Hitler, perché io era
viva, ero diventata mamma, e perfino nonna: aveva vinto la vita. Così ho
deciso di non restare più chiusa in casa, ma di testimoniare ciò che
avevo vissuto perché restasse memoria. Ho capito che mi era uscita la
voce.
Oggi per lei è più difficile parlare?
Il clima è
peggiorato. Oggi c’è una cosa diversa dall’indifferenza di allora. Sono
passati 80 anni dalle leggi razziste e il razzismo è minimizzato, è
tollerato, “ma i fascisti hanno fatto anche cose buone”. Sì, facevano
arrivare i treni in orario: soprattutto quelli per la deportazione. C’è
una rivalutazione di quegli anni.
Vede il pericolo di un ritorno a
nuove forme di razzismo? Verso gli ebrei, o magari verso gli immigrati,
gli arabi, i neri, i rom. O, più in generale, verso i poveri?
Sì,
c’è il pericolo di tornare a forme pesanti di discriminazione. Non
credo ci sia pericolo immediato per gli ebrei, anche se ritengo che
l’antisemitismo non sia mai morto. Subito dopo la guerra era “osceno”
mostrarsi razzisti e antisemiti; adesso, dopo tanti anni, vale tutto.
Prevale lo hate speech, il discorso dell’odio: dappertutto, dalla
riunione condominiale alla politica. All’indifferenza oggi si somma il
discorso dell’odio. E questo mi fa paura.
Su cosa s’impegnerà in Senato?
M’impegnerò
contro i “discorsi dell’odio” e per introdurre l’insegnamento
dell’educazione civica fin dalla prima elementare. Poi vorrei che fosse
reso obbligatorio l’insegnamento del 900 nell’ultimo anno di ogni ciclo
scolastico.
In Senato ha deciso di iscriversi al gruppo misto. E
al momento di votare la fiducia al governo Cinquestelle-Lega ha scelto
l’astensione.
Io nella mia vita non ho mai fatto politica attiva.
Ma la mia storia è quella che è. È chiaro che non mi posso mettere con i
fascisti. Ma sono entrata in Senato in punta di piedi. Ho deciso di non
schierarmi. Ho grande rispetto per la democrazia, le istituzioni e per
la nostra Costituzione che è bellissima. Dopo l’astensione alla fiducia,
valuterò i provvedimenti del governo volta per volta. Una parte di
questo governo mi è misteriosa, dunque cercherò di capire. Senza
pregiudizi.