martedì 3 luglio 2018

Corriere 3.7.18
L’emergenza un anno per gli aiuti
Altri 114 migranti morti in Libia Ostacoli al piano
di Fiorenza Sarzanini


Nuovo naufragio al largo della Libia secondo quanto annunciato dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati: 114 dispersi in mare. L’Italia darà 12 motovedette ai libici ma ci vorrà un anno per rispondere a tutte le altre richieste del governo di Tripoli (che reputa comunque il pacchetto insufficiente).
Roma Motovedette, gommoni, vetture, autobus, apparecchiature, ambulanze: ci vorrà almeno un anno per rispondere alle richieste del governo libico. La procedura è avviata, ma i tempi non potranno essere brevi. E dunque bisogna individuare una strategia che possa consentire di gestire la situazione rallentando il ritmo delle partenze. I centri di detenzione gestiti dalle autorità locali sono allo stremo, centinaia di migliaia di stranieri vivono in condizioni disumane. Almeno altri 50 mila sono invece pronti a salpare. Ed è a questo che l’Europa, ma soprattutto l’Italia, dovrà fare fronte. Nella consapevolezza che le organizzazioni criminali potrebbero decidere di alzare la posta facendo arrivare i loro barconi sino alle acque italiane, oppure imbarcando persone su mezzi di fortuna che rischiano di affondare appena poche miglia dopo essere salpati, proprio come accaduto negli ultimi giorni e ancora ieri. La scelta di consegnare entro ottobre le prime dodici motovedette — come stabilito ieri dal governo che ha pronto il decreto — e di occuparsi della manutenzione di quelle che erano state donate negli anni scorsi, mira a mostrare volontà di collaborazione. Ma certo appare difficile che possa bastare a soddisfare le istanze di Tripoli, tenendo conto che nell’incontro con il ministro dell’Interno Matteo Salvini della scorsa settimana è stato rimesso sul piatto del negoziato il progetto per la costruzione dell’autostrada previsto dall’accordo di amicizia e cooperazione siglato da Silvio Berlusconi con il colonnello Gheddafi nel 2008.
I soldi Ue
La delegazione giunta ieri in Libia, guidata dai vertici della direzione centrale per l’Immigrazione, può contare su 46 milioni di euro, di cui 30 messi a disposizione dall’Ue. L’incontro è servito a definire tempi e modi dell’operazione e alla fine è stato stabilito che la consegna completa di apparecchiature e mezzi non avverrà prima di un anno. Bisogna infatti indire le gare di appalto, individuare le ditte partecipanti che devono avere una tecnologia particolare e poi attendere che imbarcazioni e vetture vengano equipaggiate in maniera da poter essere utilizzate per i pattugliamenti terrestri e soprattutto per i controlli in mare. Ma anche costruire il centro di coordinamento della Guardia costiera libica nel luogo che è stato esaminato proprio ieri. Secondo i tecnici tutto questo potrà essere completato nel giro di dodici mesi, sempre che non ci siano ulteriori intoppi. Si tratta in ogni caso di un «pacchetto» che i libici non ritengono sufficiente, anche perché erano già stati avviati progetti di sostegno con i capi tribù che adesso appaiono determinati a chiedere il rispetto delle intese in cambio della garanzia di controllare il proprio territorio.
Ong e cargo
Il fatto che le organizzazioni criminali abbiano sempre gestito gli sbarchi anche come elemento di pressione nei confronti del nostro Paese e dell’Ue non è un mistero e il bilancio delle vittime in mare nelle ultime due settimane sembra dimostrarlo. Un bollettino che rischia di aggravarsi nei prossimi giorni. Dopo la decisione di Malta e Italia di chiudere i porti all’ingresso delle navi delle Ong cariche di migranti, ma anche a quelle che devono rifornirsi di viveri e carburante, rischia di crearsi un nuovo problema. Sembra infatti difficile poter continuare a contare sulla cooperazione dei mercantili che finora sono sempre stati disponibili a soccorrere i barconi in difficoltà. In caso di emergenza venivano sollecitati dal centro di coordinamento di Roma e poi potevano effettuare il trasbordo dei migranti sulle navi delle Ong, sulle motovedette italiane oppure portare gli stranieri nel porto più vicino. Una procedura che adesso non è più possibile seguire e il rischio altissimo è che si perdano giorni di navigazione per il trasporto delle merci. Esattamente quanto accaduto al «Maersk Alexander», rimasto in mare per quasi cinque giorni con 113 migranti a bordo con una perdita per la Compagnia di oltre 800 mila euro perché il carico è rimasto fermo, ma con l’affitto del mercantile che è stato ugualmente versato. E adesso sembra davvero improbabile che altri mercantili o pescherecci vogliano trovarsi nella stessa situazione. Anche se questo vuol dire evitare di soccorrere chi rischia di affogare.