Reupbblica 13.6.18
Dalla Francia un regalo per la Lega
di Stefano Folli
Se
il presidente della Francia voleva colpire il nazionalismo italiano e
togliere legittimità all’asse Cinque Stelle-Lega, bisogna ammettere che
ha del tutto fallito l’obiettivo. Peggio, ha reso ancora più intricata
una matassa già ingarbugliata. Dopo la giornata di ieri, Salvini ha
motivo di essere più che compiaciuto: al netto delle considerazioni
morali, la sua prima settimana al Viminale – ma di fatto a Palazzo Chigi
– si stava rivelando un discreto successo agli occhi del mondo
leghista. Il caso dell’Aquarius, che ha offeso tante coscienze, era
servito a risvegliare una destra assopita e sparsa.
Ma ora, grazie
all’intervento di Macron, il ministro dell’Interno può sentirsi a
ragione il protagonista assoluto della politica italiana. Anche chi, nel
centrodestra berlusconiano o in una parte dell’universo a Cinque
Stelle, nutre dubbi e riserve sull’ascesa del lombardo, si è trovato
ieri a sostenerlo e in qualche caso a battergli le mani.
La causa
di tutto ciò è l’uscita maldestra del presidente francese, resa ancora
più ruvida dagli epiteti rivolti al nostro governo dal portavoce di En
marche, il suo partito personale. Il problema è che a Parigi nessuno
sembra essere in regola quando si tratta di solidarietà fra europei. I
fatti di Ventimiglia e di Bardonecchia sono troppo recenti per essere
dimenticati, persino in un’epoca dalla memoria corta. E i porti francesi
sono rigorosamente chiusi, come è facile verificare: scelta appena
confermata in Corsica. Al di là di alcuni magnifici discorsi, il giovane
presidente è – agli occhi degli italiani – uno scrupoloso guardiano
degli interessi francesi. Uno che ama definirsi europeista e che certo
ambirebbe a svolgere un ruolo propulsivo nell’Unione, ma che al dunque
sa essere sciovinista come almeno uno dei suoi predecessori: Sarkozy,
l’uomo che aveva suscitato grandi attese entrando all’Eliseo e che ne
uscì dopo averle deluse tutte.
In breve, Salvini è più saldo in
sella dopo gli attacchi francesi (e in misura minore anche spagnoli).
Lui con Di Maio che gli regge il gioco. Qualcuno potrà dire che l’Italia
“populista” è isolata rispetto al resto d’Europa, ma è un argomento
fragile. I nostri “sovranisti” volevano ottenere esattamente questo
risultato, almeno nel campo dell’immigrazione e della sicurezza. Semmai
la contraddizione è di chi ha guardato a Macron come a un possibile
modello per ricostruire il campo del centrosinistra allargato. Certo, si
pensa non a una persona bensì a un modo di stare sulla scena pubblica e
di aggregare il consenso, peraltro in un sistema politico ed elettorale
diverso dal nostro. L’idea del giovanotto erudito e dinamico, con forte
senso delle istituzioni, che emerge dalle grandi scuole e subito
interpreta l’anima del paese, era ed è suggestiva.
Solo che Macron
ha mostrato anche l’altra faccia della medaglia, l’arroganza di chi
ritiene l’Italia un parente povero a cui insegnare le buone maniere.
La
storia insegna che quasi mai queste iniziative ottengono gli esiti
sperati, almeno non a breve. Nell’Italia della seconda metà degli anni
Trenta – e non si vuole proporre un’analogia – la popolarità di
Mussolini non fu mai così alta come nell’ora delle sanzioni imposte a
causa della guerra di Etiopia. Isolati, sì, ma orgogliosamente
arroccati. Se non sfocia in una nuova gestione europea dei migranti,
l’asprezza di Macron avrà il solo effetto di complicare ancor di più la
vita di chi si oppone al duopolio Salvini-Di Maio. Come ha detto un’alta
figura morale, la senatrice a vita Liliana Segre, l’Italia è stata
lasciata troppo sola dall’Europa.