Repubblica 5.6.18
L’appello di manlio alle “forze giovani”
di Francesco Erbani
«Non
bisogna, quindi, disperare». A Manlio Rossi-Doria basta una manciata di
parole per sintetizzare non un ingenuo ottimismo, bensì uno stato
d’animo volto comunque a cercare, restando pessimisti, un punto di forza
sul quale far leva. Il suo invito Rossi-Doria, di cui ricorre oggi il
trentesimo anniversario della morte (5 giugno 1988), lo rivolge
all’amico Nuto Revelli il quale gli comunica – siamo all’inizio del 1977
– che ha appena completato Il mondo dei vinti (uscirà di lì a poco da
Einaudi), il viaggio-inchiesta fra i contadini del cuneese spiazzati da
«un’industrializzazione selvaggia e caotica». Il rapporto fra Manlio e
Nuto è stretto, affettuoso, solidale. Le due lettere, che qui accanto
riproduciamo, provengono dall’Archivio Rossi-Doria custodito all’Animi
(l’Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia) e
verranno pubblicate da Emanuele Bernardi in collaborazione con
l’Associazione Rossi-Doria. Il punto centrale nella riflessione di
entrambi non è solo la sorte dei contadini e delle campagne, quanto le
conseguenze di dissipazione economica e sociale che sta producendo quel
tipo d’industrializzazione.
Revelli guarda alle campagne
piemontesi, Rossi-Doria a quelle in cui agisce da decenni in qualità di
economista agrario e di politico, le campagne “dell’osso”, come chiama
le aree interne del Mezzogiorno, distinte dalla “polpa”. Due mondi
distanti, a Nord e a Sud, che viaggiano a ritmi diversi.
Eppure
accomunati dalla più recente etichetta dell’abbandono e dello
spopolamento. Allora erano le grandi aree urbane a riempirsi, e con loro
le industrie. «Ormai le forze giovani sono finite tutte in fabbrica»,
scrive Revelli.
Oggi, che anche tante fabbriche si sono svuotate,
si riavviano nelle campagne del Nord e anche al Sud, con diversa
intensità, i percorsi del ritorno, del ripopolamento, dell’attivazione
di vecchi saperi o dell’applicazione di nuove conoscenze. Ed ecco che le
parole di Rossi-Doria all’amico Revelli, datate 1977, suonano come una
prospettiva nient’affatto illusoria. «Per uscire dal fosso dentro il
quale da anni camminiamo», scrive Rossi-Doria, «uno dei processi
essenziali sarà quello di una rivitalizzazione delle nostre campagne
attraverso processi di ricostruzione dell’agricoltura contadina nel
quadro di un’economia mista decentrata agricolo-industriale». E
aggiunge: «C’è nell’aria e nelle cose, e c’è particolarmente in molti
giovani, qualcosa che spinge in questa direzione. Fino all’ultimo fiato
persone come te e me sono tenute a dare sostanza a questo che a molti
appare irrealistico disegno».