Repubblica 5.6.8
Frontiera Ungheria - Serbia
di Andrea Tarquini
I
container blu a tetto bianco sono allineati come le baracche di
Birkenau tra le due barriere parallele di filo spinato alte 4 metri con
lame di rasoio che per 170 chilometri di confine con la Serbia blindano
l’Ungheria dal terrore dei migranti. Container metallici per i dannati
della terra, muori di caldo d’estate e geli d’inverno. Lame di rasoio
taglientissime, se un bimbo prova a passare può perdere la vista o i
connotati. Ovunque telecamere e sensori, pattuglie di commandos sugli
Hummer o di auto della polizia. Ovunque arcigni militari e agenti in
uniforme mimetica o divisa blu, occhiali a specchio, pistola mitra o
manganello in pugno.
Controllandoti il passaporto, hanno lo
sguardo ostile dei Vopos tedesco-orientali nella Guerra fredda. C’era
una volta il socialismo reale, oggi eccovi il sovranismo reale, visto
sul terreno. Mentre radiotv pubblica e media quasi tutti “
(sintonizzati,
citazione di Goebbels) esultano per la vittoria dello xenofobo
pregiudicato Janez Jansa in Slovenia, pare sponsorizzata da oligarchi
magiari amici del premier, mandano in onda reportage di immaginari
stupri quotidiani di donne bianche da parte di migranti a Stoccolma
Berlino o Parigi e ricordano in lutto il Trattato di Trianon.
Quando
l’Ungheria perse parti enormi del suo territorio, ma abitate da molti
slovacchi, romeni, serbi. Come se Angela Merkel urlasse per i territori
perduti dalla Germania dopo l’8 maggio 1945. Benvenuti in Ungheria: il
carismatico premier Viktor Orbán si sta trasformando in leader europeo
della destra sovranista xenofoba aiutata da Vladimir Putin.
Media
in mano al governo o ai suoi oligarchi, media critici chiusi, soldi a
palate nei villaggi per conquistare voti. Aiuti indiretti all’amico
Jansa, fondi europei spesi per la propaganda: 3,9 milioni per la
campagna contro il tycoon di origini ebree George Soros, 3,8 contro
l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, 23 per convincere che la
frontiera blindata è indispensabile, «perché siamo sotto attacco».
Creare
paura dei migranti e della Ue per profilarsi come grande difensore,
ecco la ricetta orbánista per l’Europa intera, mi spiega un professore
universitario che preferisce l’anonimato: qui si fa presto a perdere il
lavoro.
Nuove leggi puniscono con multe divieti e fino a un anno di carcere le ong che aiutano i migranti. La parola «esule» è vietata.
Da
giovane, sotto il comunismo – ricorda chi lo conosce – Viktor Orbán era
dissidente liberal di sinistra. Ai funerali postumi che riabilitarono
Imre Nagy (il leader della rivoluzione del 1956) fu l’unico a trovare
coraggio di gridare: «Occupanti russi, tornate a casa». Studiò in
Occidente sponsorizzato da Soros. Poi cominciò il suo
itinerarium mentis:
ora
vuole guidare l’euroneodestra sovranista intera. Ricette semplici:
media sotto controllo, istituzioni occupate. «Poi campagne per svegliare
nella gente paura e odio, verso i migranti, verso i diversi, verso