martedì 5 giugno 2018

Repubblica 5.6.8
Frontiera Ungheria - Serbia
di Andrea Tarquini


I container blu a tetto bianco sono allineati come le baracche di Birkenau tra le due barriere parallele di filo spinato alte 4 metri con lame di rasoio che per 170 chilometri di confine con la Serbia blindano l’Ungheria dal terrore dei migranti. Container metallici per i dannati della terra, muori di caldo d’estate e geli d’inverno. Lame di rasoio taglientissime, se un bimbo prova a passare può perdere la vista o i connotati. Ovunque telecamere e sensori, pattuglie di commandos sugli Hummer o di auto della polizia. Ovunque arcigni militari e agenti in uniforme mimetica o divisa blu, occhiali a specchio, pistola mitra o manganello in pugno.
Controllandoti il passaporto, hanno lo sguardo ostile dei Vopos tedesco-orientali nella Guerra fredda. C’era una volta il socialismo reale, oggi eccovi il sovranismo reale, visto sul terreno. Mentre radiotv pubblica e media quasi tutti “
(sintonizzati, citazione di Goebbels) esultano per la vittoria dello xenofobo pregiudicato Janez Jansa in Slovenia, pare sponsorizzata da oligarchi magiari amici del premier, mandano in onda reportage di immaginari stupri quotidiani di donne bianche da parte di migranti a Stoccolma Berlino o Parigi e ricordano in lutto il Trattato di Trianon.
Quando l’Ungheria perse parti enormi del suo territorio, ma abitate da molti slovacchi, romeni, serbi. Come se Angela Merkel urlasse per i territori perduti dalla Germania dopo l’8 maggio 1945. Benvenuti in Ungheria: il carismatico premier Viktor Orbán si sta trasformando in leader europeo della destra sovranista xenofoba aiutata da Vladimir Putin.
Media in mano al governo o ai suoi oligarchi, media critici chiusi, soldi a palate nei villaggi per conquistare voti. Aiuti indiretti all’amico Jansa, fondi europei spesi per la propaganda: 3,9 milioni per la campagna contro il tycoon di origini ebree George Soros, 3,8 contro l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, 23 per convincere che la frontiera blindata è indispensabile, «perché siamo sotto attacco».
Creare paura dei migranti e della Ue per profilarsi come grande difensore, ecco la ricetta orbánista per l’Europa intera, mi spiega un professore universitario che preferisce l’anonimato: qui si fa presto a perdere il lavoro.
Nuove leggi puniscono con multe divieti e fino a un anno di carcere le ong che aiutano i migranti. La parola «esule» è vietata.
Da giovane, sotto il comunismo – ricorda chi lo conosce – Viktor Orbán era dissidente liberal di sinistra. Ai funerali postumi che riabilitarono Imre Nagy (il leader della rivoluzione del 1956) fu l’unico a trovare coraggio di gridare: «Occupanti russi, tornate a casa». Studiò in Occidente sponsorizzato da Soros. Poi cominciò il suo
itinerarium mentis:
ora vuole guidare l’euroneodestra sovranista intera. Ricette semplici: media sotto controllo, istituzioni occupate. «Poi campagne per svegliare nella gente paura e odio, verso i migranti, verso i diversi, verso