giovedì 28 giugno 2018

Repubblica 28.6.18
La polemica
Presidi divisi sull’addio alla chiamata diretta
Il rimpianto: “Prima potevamo scegliere, ora conterà solo la fortuna” Ma c’è anche chi esulta: “Non funzionava”
di Ilaria Venturi


La sua Scuola ne ha selezionati nove in due anni, tra i criteri c’era anche quello che arrivassero da fuori per dare ai ragazzi maggiori possibilità: « Un’insegnante di storia dell’arte aveva fatto esperienze in Germania dopo gli studi a Firenze: bravissima, ha innovato la didattica. Lo hanno fatto anche gli altri, tutti giovani e motivati». E ora? Anna Maria Maullu, preside del liceo scientifico e artistico Brotzu in provincia di Cagliari, sospira: « Ora conterà la fortuna: chi ti arriva arriva, si torna indietro. Invece sarebbe ora che i ragazzi avessero gli insegnanti che meritano. Non tutti, per quanto bravi, sono adatti a tutte le scuole » . Non l’hanno presa bene i presidi. La cancellazione della chiamata diretta, uno dei pilastri della Buona scuola, li fa arrabbiare perché « l’idea era buona » . Solo che — riconoscono in coro — «è stata applicata male». E così c’è anche chi non disdegna questo passo indietro imposto da un accordo sindacale siglato col neo ministro Bussetti che sarà operativo da subito (poi seguirà intervento legislativo) come i presidi di prestigiosi licei romani, vedi il Mamiani e il Tasso: «Il meccanismo non funzionava».
Il più arrabbiato è Lamberto Montanari, preside del polo liceale di Imola, alle porte di Bologna. «Ci hanno dato degli sceriffi, dei presidi- padroni. Una guerra tutta e solo ideologica. La chiamata diretta consentiva un accordo positivo: vieni nella mia scuola perché ci sono le condizioni adatte per fare un buon lavoro. L’insegnante poteva anche non accettare. Alla fine hanno perso gli studenti ed è passata l’idea della scuola ammortizzatore sociale — il suo sfogo — Non è stata ascoltata la voce di chi ha avuto un figlio che non ha trovato un docente bravo e che per questo ha odiato la disciplina, ha perso motivazione ». L’associazione presidi, di cui è portavoce per l’Emilia Romagna, è stata netta: « Un errore cancellare la chiamata diretta».
Approvata nel 2015 è stata applicata nell’estate successiva: i presidi hanno lavorato sui criteri per scegliere i neoassunti da curriculum, poi è intervenuta la mobilità che ha riportato gli stessi a trasferirsi vicino a casa. « Avevo un solo candidato in elenco per la disciplina che mi interessava, mentre il professore di Lettere che veniva dall’Australia, perfetto per il nostro istituto a vocazione internazionale, si è trasferito col vecchio sistema » , osserva amareggiato Flavio Filini, preside del tecnico Einaudi a Verona. «Un vero peccato, il principio della chiamata era giusto » . Tiziana Sallusti, che guida il classico Mamiani, è sincera: « Se fosse stata una misura ben architettata e durevole nel tempo allora poteva avere un senso. Ma non è andata così: da noi dei cinque selezionati, vere eccellenze, è rimasta una sola docente e per un anno. Abbiamo fatto un gran lavoro per nulla, dunque sono contenta che sia stata cancellata». Paolo Pedullà, preside del classico Tasso, è sulla stessa linea: « La modalità con cui è stata realizzata l’ha resa inutile. Poteva essere una buona idea, ma la scuola non è pronta. Le riforme vanno realizzate senza strappi, con una faticosa opera di convincimento».