lunedì 25 giugno 2018

Repubblica 25.6.18
L’analisi
I due volti del populismo
di Andrea Bonanni


Ormai sta diventando un’abitudine in Europa. Salvini fa la faccia feroce e batte i pugni sul tavolo. Poi passa Conte a raccogliere i cocci e a cercare di rimediare qualche espressione di cortesia. Era già successo con la vicenda dell’Aquarius e le scuse richieste dal governo italiano a Macron, e mai ricevute. Conte è andato lo stesso a Parigi, ottenendo sorrisi e strette di mano, ma i giudizi del presidente francese sull’Italia si sono fatti sempre più duri.
Al vertice informale di ieri a Bruxelles si è visto sostanzialmente lo stesso copione. Dopo che esponenti del governo italiano hanno scambiato parole durissime con i cugini d’Oltralpe e dopo aver minacciato di disertare l’appuntamento, Conte ci è andato lo stesso. Ha presentato un’articolata « proposta » in dieci punti, che erano già quasi tutti acquisiti da tempo (accordi con i Paesi di origine e di transito, screening dei profughi prima che s’imbarchino, finanziamenti per lo sviluppo dell’Africa). L’unica vera novità nel documento italiano era l’idea rivoluzionaria di considerare i migranti economici alla stregua dei rifugiati politici e di redistribuire l’onere della loro accoglienza tra tutti gli Stati membri dell’Ue. Conte è stato ascoltato con attenzione. Ha ottenuto simpatia e promesse d’aiuto. Ma sulla questione principale non ha cavato un ragno dal buco.
Nessuno, in Europa, è disposto ad assumere l’onere di fare quello che l’Italia non vorrebbe più fare: cioè accogliere i profughi e decidere quali possano restare come rifugiati politici e quali vadano rimpatriati. Ma tutti sarebbero disposti ad aiutare l’Italia in questo compito. Francia e Spagna hanno addirittura proposto di creare, da noi, campi di raccolta gestiti e finanziati dall’Ue dove rinchiudere i migranti in attesa di chiarire il loro status. Ma, per ora, il governo italiano non ne vuol sentir parlare.
Il problema è che, pur chiedendo a gran voce la solidarietà europea, l’Italia non è disposta a rinunciare alla piena sovranità sui propri confini. Conte ha perorato l’idea che « chi sbarca in Sicilia sbarca in Europa » . Ma vuole mantenere saldamente il controllo sulla gestione degli sbarchi e sul trattamento dei migranti. Vuole poter continuare a rifiutare l’accesso delle navi umanitarie ai porti italiani. Vuole avere la libertà di lasciar ripartire i migranti verso il resto d’Europa dopo averli registrati. Non intende riprendere indietro quelli che se ne sono già andati. E non ha alcuna intenzione di delegare a Frontex, l’agenzia europea, la gestione dell’emergenza nel Canale di Sicilia. In questa contraddizione si nasconde la debolezza della posizione italiana. Non si può essere europeisti quando si chiede aiuto all’Europa e sovranisti quando si pretende di controllare in prima persona la gestione dell’emergenza migratoria.
Ieri dal vertice straordinario di Bruxelles è emersa chiaramente la disponibilità di molti governi ad aiutare l’Italia. Ma questa disponibilità è condizionata al rispetto di alcune regole e di alcuni principi che sembrano condivisi da tutti. Il primo è che non si possono lasciar morire i naufraghi nel Canale di Sicilia, né si può chiudere i porti alle navi delle Ong. Il secondo è che non si possono lasciar partire i migranti irregolari verso il resto d’Europa, come abbiamo fatto finora. Se il governo italiano veramente crede che «chi sbarca in Sicilia sbarca in Europa», deve cedere all’Europa, insieme agli oneri, anche la sovranità sulla gestione del fenomeno migratorio. Salvini, Di Maio e Conte hanno tempo fino al vertice formale che si terrà a fine settimana per decidere che cosa vogliono veramente.