Corriere 25.6.18
Una diarchia che porta voti al Carroccio
di Massimo Franco
Forse
è prematuro parlare di tendenza generale. Ma sembra cominciato lo
sfondamento del centrodestra a guida leghista nell’elettorato
tradizionale del Pd. La caduta di città identificate per decenni con la
sinistra di governo come Siena, Pisa e Massa, oltre a Ivrea e Terni, con
il partito di Matteo Salvini ancora in netta ascesa, è un simbolo
potente. E per quanto si tratti di risultati sgualciti
dall’astensionismo almeno in alcuni dei settantacinque Comuni che hanno
votato, i numeri pesano. Confermano uno spostamento a destra
dell’elettorato; e una capacità di resistenza del Pd che si esprime
soprattutto con la vittoria a Ancona: troppo poco, per velare i contorni
dell’ennesima sconfitta. Oltre alla Toscana, bruciano la perdita di
Avellino a favore dei Cinque Stelle come a Imola, che dal dopoguerra,
per 73 anni era stata governata dalla sinistra. Ma il Movimento di Luigi
Di Maio perde Ragusa, che aveva un sindaco grillino, a favore del
centrodestra: a conferma che sul piano locale il M5S non è quella
macchina «pigliatutto» rivelatasi il 4 marzo; e che i consensi vanno e
vengono con grande rapidità. Dai primi dati si ha la sensazione che tra i
2 milioni 800 mila elettori di ieri, la «diarchia» contrattuale tra M5S
e Lega abbia cercato una replica anche sul piano locale: seppure con
effetti controversi. I due elettorati tendono a sostenersi o comunque a
non combattersi. Ma, se si tratta di un patto tacito, va a vantaggio
della Lega. Salvini riceve l’ennesima conferma di avere il vento in
poppa; e di accentuare un ruolo di traino e di guida rispetto a Forza
Italia e Fratelli d’Italia. Forse l’unico segnale in controtendenza
arriva da Imperia, dove diventa sindaco l’ex ministro Claudio Scajola,
berlusconiano. Più che un attacco a un sistema con ramificazioni
ultradecennali, l’affermazione del centrodestra è la prova di una crisi
di quel sistema; e della ricerca di nuovi referenti. Il Pd deve fare i
conti con un elettorato che ha cambiato pelle; e dunque rovescia gli
schieramenti tradizionali e gli interessi che hanno espresso finora.
Per
la Lega è una prateria di consensi da contendere al M5S e al resto del
centrodestra. Anche perché in generale, il Carroccio non sembra
risentire del fatto di essere l’unico partito al governo di quello
schieramento. Questo lo avvantaggia oggettivamente. Col suo peso
ministeriale, la Lega può ancora di più diventare polo d’attrazione per
gli alleati. Sarebbe azzardato collegare i risultati nei 75 Comuni a
quanto è successo e sta avvenendo sul piano nazionale. Per intendersi,
il conflitto tra Italia e alcune nazioni europee sull’immigrazione, con
Salvini protagonista, non avrebbe inciso più di tanto; né la larvata
competizione tra i vicepremier Salvini e Di Maio, per ora a favore del
primo. Ma colpisce la penetrazione del leghismo e, qua e là, del
grillismo in quelle che sembravano roccaforti inespugnabili. L’onda che
sta mettendo in crisi la sinistra dovunque, non ha perso la sua forza:
probabilmente anche grazie all’immobilismo del vertice del Pd.