Repubblica 25.6.18
Più indigna l’altro Paese, più convince chi lo ha votato
Il feeling di Trump con la sua America record di consensi tra i repubblicani
Il 90 % degli elettori di centrodestra è con il presidente. Lo stesso sostegno che ebbe Bush dopo l’11 settembre
di Federico Rampini
NEW
YORK Donald Trump vola nei sondaggi. Nell’ultima indagine demoscopica
Gallup sfiora il 90% dei consensi. Tra gli elettori repubblicani,
naturalmente. Ma non è un risultato da poco. Per ritrovare un presidente
repubblicano così popolare tra i suoi bisogna risalire a George W. Bush
nel periodo immediatamente successivo all’11 settembre 2001, che creò
una forte coesione tra il leader e la sua base.
Il sondaggio su
Trump è stato fatto subito prima della “ crisi dei bambini al confine”,
l’emergenza umanitaria sulle separazioni genitori- figli tra gli
immigrati. È probabile però che anche quella abbia effetti
diametralmente opposti nelle “due Americhe”. Tra i democratici c’è
indignazione per il trattamento dei bambini e l’ostilità verso Trump ne
trae nuovo alimento. A destra la narrazione di questa crisi nei
notiziari della tv Fox News è molto diversa. Viene sottolineato che sono
gli immigrati clandestini ad aver violato le leggi americane esponendo i
propri figli ad ogni rischio. È stato anche notato che metodi duri coi
minori erano già usati sotto l’Amministrazione Obama, nell’indifferenza
dei media. La Fox News ha dato ampio spazio a un infortunio in cui sono
incappati diversi siti: la pubblicazione di una foto di bambini “in
gabbia”, che risaliva ad anni fa quando alla Casa Bianca c’era Obama.
Comunque per la base repubblicana lo slogan della tolleranza zero è la
conferma che Trump capisce le loro paure e vuole mantenere le promesse
fatte in campagna elettorale.
Qualcosa di simile è già accaduto
con il protezionismo, o la Corea del Nord. I dazi sull’acciaio europeo o
sulle tecnologie cinesi sollevano un coro di critiche non solo
all’estero ma anche sulla stampa progressista, dal New York Times al
Washington Post non passa giorno senza qualche analisi allarmata sugli
effetti-boomerang del protezionismo, e la previsione che finirà per
danneggiare la stessa economia americana. A queste reazioni negative si
uniscono quelle del mondo confindustriale, favorevole al libero scambio.
Però chi applaude i dazi è proprio la base operaia che fu decisiva per
l’elezione di Trump alla presidenza. Qui tra l’altro le mosse del
presidente fanno breccia tra gli operai che votano democratico. Non a
caso il capogruppo democratico al Senato, Chuck Schumer, si è affrettato
ad elogiare i dazi sul made in China. Sulla Corea del Nord i media
liberal hanno ridicolizzato il summit con Kim; quelli di destra si
chiedono se avrebbero reagito allo stesso modo di fronte a un incontro
tra Obama e il dittatore.
È presto per valutare le ricadute
sull’elezione legislativa di mid- term che si terrà a novembre. Gli uni e
gli altri stanno giocando sull’elemento cruciale che è l’affluenza al
voto. Tradizionalmente nel voto di metà termine c’è un “effetto
disillusione” verso il presidente in carica, che fa salire l’assenteismo
tra gli elettori del suo partito. I democratici sperano che la propria
base voti in massa, per conquistare una maggioranza al Congresso che
blocchi questo presidente. Trump si adopera perché i repubblicani
facciano quadrato in sua difesa.