Repubblica 25.6.18
Ahmed Maitig, vicepremier di Tripoli
“Hot-spot in Libia? Impossibile, sarebbero contrari alle nostre leggi”
Intervista al vicepremier alla vigilia della visita di Salvini
di Vincenzo Nigro
TRIPOLI
«Il vostro ministro dell’Interno Matteo Salvini è il primo esponente
del nuovo governo ad arrivare qui in Libia. Capiamo bene la scelta: la
vostra prima emergenza è quella migratoria. È un problema importante
anche per noi, Italia e Libia devono affrontarlo insieme, con politiche
comuni, condividendo la visione e la soluzione del problema.
Dobbiamo
rafforzare la lotta ai trafficanti, che portano i migranti da voi in
Italia e che per noi sono bande criminali pericolose, che non permettono
alla Libia di fare passi avanti verso una normalizzazione difficile.
Dobbiamo
fermare questo traffico ai confini meridionali della Libia, e poi tutta
l’Europa deve pensare alle misure strutturali nei paesi africani per
fermare i migranti».
Ahmed Maitig, vicepremier di Tripoli e
rappresentante della potente città di Misurata, parla alla vigilia
dell’arrivo di Salvini.
«Ho visto che il nuovo governo si è
impegnato dal primo momento sui migranti. Giusto, siamo interessati a
lavorare con Salvini, con il premier Conte e il ministro Di Maio, la
collaborazione fra Italia e Libia è decisiva».
Sui migranti è esplosa una crisi fra Italia e Francia.
«Sono
preoccupato e dispiaciuto che la questione migranti possa avere
innescato lo scontro. Ma Italia e Francia, oltre ad essere due pilastri
dell’Ue, sono due paesi strategici per la sicurezza, il benessere della
Libi a e del Mediterraneo. Noi libici li consideriamo come vicini
decisivi per il futuro della regione.
Dobbiamo lavorare tutti insieme per trovare soluzioni, per la stabilità del mare che ci unisce».
Da
anni esiste questo problema, ma per il vostro governo è solo uno dei
problemi, non sembra vi stiate dedicando una attenzione decisiva…
«Ma
sta scherzando? Non è vero, la Libia si è impegnata sulla questione dei
migranti da tempo. Ma il nostro è un paese che ha problemi enormi, li
conoscete. Il tema dell’assetto delle forze di sicurezza, del loro
rafforzamento, è noto. C’è poi quello degli assetti politici, della
capacità di tenere unito il paese.
Nessuno ci può accusare di non occuparci del traffico di migranti».
Come vede il nuovo governo italiano?
«Dice
una cosa che noi ripetiamo da anni. Le Ong fanno un lavoro di
trasporto, non di vero salvataggio, un’azione che è contro ogni logica
di interruzione del traffico dei migranti. L’operazione navale Sofia
così come è organizzata non porta aiuto alla Libia per fermare il
fenomeno, che ripeto è reso possibile anche dall’azione delle Ong. La
migrazione si fermerà migliorando le condizioni delle popolazioni nei
paesi d’origine».
Si ma per questo ci vorranno anni: e intanto? È possibile per
esempio immaginare hot-spot per i migranti in Libia?
«Non
è possibile, l’identificazione da parte di autorità straniere in Libia è
contro la nostra legge. Per noi sono solo migranti illegali. Ma sono
sicuro che con il nuovo governo italiano e con la Ue potremo lavorare su
soluzioni più efficaci di quelle praticate finora».
Che cosa dice del vertice di Parigi? Sembra che invece di aiutare abbia provocato nuovi problemi nel vostro assetto politico.
«Iniziativa
lodevole del presidente Macron: per la prima volta tutti insieme, anche
il presidente Mishri con il generale Haftar».
Ma Mishri che è un Fratello musulmano non ha voluto stringere la mano ad Haftar…
«Intanto si sono incontrati, il problema è che il dialogo politico si è disperso, non riesce ad andare avanti efficacemente».
Ce la farete a fare elezioni entro l’anno?
«Ci sono difficoltà, ma dobbiamo far partire il percorso che porta a consolidare le istituzioni libiche.
Dovremo fare una Costituzione e la Costituzione dovrà essere sottoposta a un referendum.
Devono
partecipare tutte le componenti della società libica, come Misurata che
a Parigi non era presente. Misurata ha avuto un ruolo decisivo in una
battaglia che i libici hanno combattuto praticamente da soli, contro
l’ISIS a Sirte nel 2016. Abbiamo perso centinaia di uomini, abbiamo
migliaia di feriti, e anzi siamo ancora grati all’Italia per averci
sostenuto con l’ospedale militare».
Le condizioni economiche del paese sono ancora difficilissime.
«Anche
di questo parleremo con i vostri ministri. Con l’Italia abbiamo una
partnership economica importante, siamo presenti con nostri investimenti
in aziende come Eni, Leonardo, Unicredit, Retelit.
Far girare
meglio l’economia libica serve a stabilizzare il paese, a rendere più
sicure le istituzioni, ad arginare il traffico dei migranti. Ma vogliamo
parlare anche di joint-ventures con aziende italiane, nel settore
dell’energia, in altri settori».