domenica 24 giugno 2018

Repubblica 23.6.18
L’Ue e il governo populista
Verso la resa dei conti
di Andrea Bonanni


Matteo Salvini si tranquillizzi. «Nel giro di un anno si deciderà se esisterà ancora un’Europa unita oppure no», ha dichiarato il leader leghista a Der Spiegel.
Preoccupazione francamente mal riposta. Tra un anno l’Europa, con tutte le sue pecche, esisterà ancora, che a Salvini piaccia o meno. Quello che si deciderà, nei prossimi mesi, è se l’Italia a guida populista continuerà a farne parte. Viste le premesse di queste settimane, la risposta non appare scontata. Il ribaltamento della prospettiva e la perdita del senso di realtà, tipici di alcune sindromi psicotiche, sembrano essere un tratto caratteristico dell’infelice esordio del governo a trazione leghista sulla scena europea.
Prima c’è stato il miserabile episodio dell’Aquarius.
Episodio che, secondo Salvini e i suoi esegeti, era un colpo di genio politico destinato a riaprire i giochi europei sulla questione dei migranti. Il risultato è stato il totale isolamento dell’Italia e un’occasione d’oro offerta alla Spagna per ridorare la propria immagine offuscata dalla vicenda catalana.
Poi c’è stato l’annuncio dell’ « asse » tra il medesimo Salvini e il suo collega tedesco Horst Seehofer, destinato a cambiare le carte sul tavolo europeo. Il risultato è che Seehofer, esponente della destra bavarese, ha deciso di chiudere le frontiere e rimandare in Italia i migranti irregolari trovati sul suolo tedesco. Se non lo ha ancora fatto, è perché Angela Merkel si è messa di mezzo a rischio di far saltare la coalizione di governo in Germania. Ma certo anche questo “ asse” italo- tedesco non si è dimostrato un gran successo per l’Italia, giustificando le ironie di Macron.
Il risultato di tanto attivismo italiano è stato la convocazione di un vertice europeo straordinario domenica prossima a Bruxelles sui temi dell’immigrazione, boicottato dai Paesi del Gruppo di Visegrád che sono i referenti politici di Salvini. La bozza del comunicato finale, preparata da Francia, Germania e Commissione, prevedeva che l’Italia si riprendesse tutti i migranti irregolari che in questi anni ha lasciato partire per il resto d’Europa violando le regole di Dublino. Alla fine il premier Conte è riuscito in extremis a rinviare la conclusione, che però sarà ripresentata al vertice formale di fine mese. E intanto Angela Merkel prende atto che la Convenzione di Schengen è sostanzialmente morta, e lancia l’idea di « accordi bilaterali o trilaterali » tra i Paesi membri. Che ruolo pensa di ritagliarsi Salvini in questo quadro? Starà con la Merkel, o con Orbán e Seehofer?
In poche settimane di “ cura Salvini” l’Italia è riuscita a collezionare una serie impressionante di insuccessi europei sul dossier che sta più a cuore al titolare dell’Interno. Il ministro Tria ha per ora evitato l’accerchiamento del nostro Paese anche sul fronte dei conti pubblici. Ma pure qui la resa dei conti è solo rinviata a settembre con la presentazione del Def. Il problema è che, nel ribaltamento della realtà che affligge questo governo, i populisti non sembrano rendersi conto che la loro vittoria elettorale ha fatto scattare un campanello d’allarme in tutta Europa. Al di là delle preoccupazioni oggettive per un governo che prende in ostaggio i naufraghi dell’Aquarius e minaccia di non rispettare gli obblighi di Dublino rifiutando di riprendersi i migranti che ha registrato, al di là dei timori dei mercati per una coalizione che ha messo in programma oltre cento miliardi di spese non coperte, la cosa che fa più paura ai nostri vicini è proprio il contagio populista.
È questa « la lebbra » di cui parla Macron. E se il presidente francese usa toni insolitamente duri lo fa perché, da vero europeista, ha capito che la politica europea è ormai indivisibile. La marea nera che ha travolto l’Italia è la stessa che domani può travolgere la Francia o la Germania. Del resto Angela Merkel sta mettendo a rischio il proprio governo e il proprio futuro politico per tenere testa al populismo di Seehofer.
Ovunque, in Europa, la classe politica democratica si sta preparando alla resa dei conti con l’infezione ideologica che ha ormai conquistato l’Italia. E mette da parte il guanto di velluto della diplomazia per impugnare il bastone della lotta politica. Successe, del resto, già negli anni Trenta del secolo scorso di fronte all’ondata montante del fascismo che minacciava dall’interno le democrazie europee. L’Italia si trovò isolata e sotto sanzioni. Allora le frontiere avevano ancora un senso e non esisteva l’Unione europea. Oggi il cordone sanitario che si sta stringendo contro l’infezione italiana rischia di scattare con grande anticipo. Ma anche quella lezione della Storia, come tutto ciò che attiene al principio di realtà, non sembra penetrare i muri mentali dei populisti nostrani.