Repubblica 23.6.18
Il ricordo dell’editore
La sua battaglia civile è ancora in atto
di Giuseppe Laterza
Dalla
laicità alla privacy, dall’acqua alla costituzione europea, i suoi
interventi e i saggi pubblicati hanno tracciato una strada verso il
riconoscimento della persona umana che resta tutta da percorrere
Le buone azioni civili devono essere fatte senza preoccupazioni, senza badare alla convenienza.
Quando
illegalità e abusi vengono documentati, c’è sempre la speranza che
qualcuno almeno se ne vergogni; e che altri comincino a rendersi conto
che proprio da qui deve iniziare una reazione e che la ricostruzione
della moralità pubblica è oggi il più ricco dei programmi politici e la
più grande delle riforme».
Così scriveva Stefano Rodotà nella
prefazione a Milano degli scandali di Gianni Barbacetto ed Elio Veltri.
Un libro che – un anno prima dell’arresto di Mario Chiesa – documentava
il vasto sistema di corruzione e concussione di Tangentopoli.
A
quell’epoca Rodotà era presidente del Pds, coinvolto attraverso alcuni
suoi esponenti milanesi. Ciononostante mio padre si era rivolto a lui,
perché ne conosceva l’autonomia di giudizio (e la serenità, costruita
insieme a Carla, compagna della sua vita).
L’episodio mi torna
alla mente quando penso al ruolo di un intellettuale, libero dai
condizionamenti partitici e che parte sempre dalla sua competenza, a
differenza dei “tuttologi” che imperversano oggi.
Nei tanti libri
che ha scritto sugli argomenti più diversi e nelle sue battaglie
pubbliche — dalla laicità ai diritti sociali, dall’acqua al Teatro
Valle, dalla privacy alla costituzione europea — Rodotà è sempre partito
dalla sua profonda conoscenza del diritto e dei diritti. Un sapere che
voleva condividere con tutti. Come quando una folla di persone lo
avvolgeva dopo una lezione al Festival del diritto e lui si fermava
tutto il tempo necessario per rispondere a ogni singola domanda. La
gentilezza di Stefano gli tornava indietro sotto forma di affetto
corale. Un sentimento che si manifestò in modo clamoroso quando, nella
primavera del 2013, fu candidato dal Movimento 5Stelle a Presidente
della Repubblica (non eletto solo per la miopia del Partito
Democratico).
Di quei giorni mi ricordo l’emozione di quando lo
accompagnai al Petruzzelli di Bari per un incontro organizzato da
Repubblica e i mille presenti al suo ingresso si alzarono in piedi per
un lunghissimo applauso.
D’altra parte, dell’affetto per Stefano e
dell’incidenza delle sue idee abbiamo avuto la prova nelle decine di
incontri che quest’anno in suo nome sono stati promossi dai più vari
soggetti in tutta Italia.
Stefano non mollava mai. Fino
all’ultimo: pochi giorni prima della morte mi chiamò per rassicurarmi
che avrebbe partecipato alla successiva riunione del Consiglio di
amministrazione in cui con mio cugino Alessandro gli avevamo proposto di
entrare insieme a Tullio De Mauro.
Come altri grandi
intellettuali prima di lui, Rodotà vedeva nella Laterza uno dei fronti
dove condurre la sua battaglia culturale e civile. Anche per questo
veniva a trovarci spesso e si fermava con i collaboratori della casa
editrice per parlare non solo della sua prossima opera ma anche dei
fatti del giorno, per suggerirci un’idea o commentare un libro straniero
che aveva appena letto...
Era convinto che la strada per
realizzare il “diritto di avere diritti” sia la condivisione della
conoscenza. Un cammino che la nostra classe dirigente da molto tempo
sembra aver smarrito. Per fortuna Rodotà oltre che un grande
intellettuale è stato anche un maestro. E oggi siamo in tanti a
camminare sulla strada che ha tracciato.