domenica 24 giugno 2018

Repubblica 23.6.18
Il ricordo dell’editore
La sua battaglia civile è ancora in atto
di Giuseppe Laterza


Dalla laicità alla privacy, dall’acqua alla costituzione europea, i suoi interventi e i saggi pubblicati hanno tracciato una strada verso il riconoscimento della persona umana che resta tutta da percorrere
Le buone azioni civili devono essere fatte senza preoccupazioni, senza badare alla convenienza.
Quando illegalità e abusi vengono documentati, c’è sempre la speranza che qualcuno almeno se ne vergogni; e che altri comincino a rendersi conto che proprio da qui deve iniziare una reazione e che la ricostruzione della moralità pubblica è oggi il più ricco dei programmi politici e la più grande delle riforme».
Così scriveva Stefano Rodotà nella prefazione a Milano degli scandali di Gianni Barbacetto ed Elio Veltri. Un libro che – un anno prima dell’arresto di Mario Chiesa – documentava il vasto sistema di corruzione e concussione di Tangentopoli.
A quell’epoca Rodotà era presidente del Pds, coinvolto attraverso alcuni suoi esponenti milanesi. Ciononostante mio padre si era rivolto a lui, perché ne conosceva l’autonomia di giudizio (e la serenità, costruita insieme a Carla, compagna della sua vita).
L’episodio mi torna alla mente quando penso al ruolo di un intellettuale, libero dai condizionamenti partitici e che parte sempre dalla sua competenza, a differenza dei “tuttologi” che imperversano oggi.
Nei tanti libri che ha scritto sugli argomenti più diversi e nelle sue battaglie pubbliche — dalla laicità ai diritti sociali, dall’acqua al Teatro Valle, dalla privacy alla costituzione europea — Rodotà è sempre partito dalla sua profonda conoscenza del diritto e dei diritti. Un sapere che voleva condividere con tutti. Come quando una folla di persone lo avvolgeva dopo una lezione al Festival del diritto e lui si fermava tutto il tempo necessario per rispondere a ogni singola domanda. La gentilezza di Stefano gli tornava indietro sotto forma di affetto corale. Un sentimento che si manifestò in modo clamoroso quando, nella primavera del 2013, fu candidato dal Movimento 5Stelle a Presidente della Repubblica (non eletto solo per la miopia del Partito Democratico).
Di quei giorni mi ricordo l’emozione di quando lo accompagnai al Petruzzelli di Bari per un incontro organizzato da Repubblica e i mille presenti al suo ingresso si alzarono in piedi per un lunghissimo applauso.
D’altra parte, dell’affetto per Stefano e dell’incidenza delle sue idee abbiamo avuto la prova nelle decine di incontri che quest’anno in suo nome sono stati promossi dai più vari soggetti in tutta Italia.
Stefano non mollava mai. Fino all’ultimo: pochi giorni prima della morte mi chiamò per rassicurarmi che avrebbe partecipato alla successiva riunione del Consiglio di amministrazione in cui con mio cugino Alessandro gli avevamo proposto di entrare insieme a Tullio De Mauro.
Come altri grandi intellettuali prima di lui, Rodotà vedeva nella Laterza uno dei fronti dove condurre la sua battaglia culturale e civile. Anche per questo veniva a trovarci spesso e si fermava con i collaboratori della casa editrice per parlare non solo della sua prossima opera ma anche dei fatti del giorno, per suggerirci un’idea o commentare un libro straniero che aveva appena letto...
Era convinto che la strada per realizzare il “diritto di avere diritti” sia la condivisione della conoscenza. Un cammino che la nostra classe dirigente da molto tempo sembra aver smarrito. Per fortuna Rodotà oltre che un grande intellettuale è stato anche un maestro. E oggi siamo in tanti a camminare sulla strada che ha tracciato.