Repubblica 22.6.18
Il welfare
Povertà, 380 mila in coda per il reddito d’inclusione
Boom di domande, l’Inps ne ha accolte la metà. Il 67% degli assegni va al Sud
di Valentina Conte
Roma
Tra gennaio e maggio, primi cinque mesi di operatività, le domande per
il Rei - il Reddito di inclusione messo in piedi dal governo Gentiloni
per combattere la povertà con un assegno massimo di 540 euro al mese (in
media 300 euro) e un percorso di reinserimento sociale - hanno toccato
quota 380 mila. Ma quasi la metà delle richieste è stata respinta
dall’Inps, perché priva dei requisiti di legge. In particolare, quello
reddituale calcolato nell’Isre (un pezzo dell’Isee) e che deve essere
sotto i 3 mila euro. «Un criterio stringente che non sempre fotografa la
reale situazione di povertà », osserva Nicola Marongiu, responsabile
welfare della Cgil. «Il dato però certifica che lo strumento ha creato
aspettative, al punto che molte persone povere, ma non così povere,
l’hanno richiesto pur senza ottenerlo » , aggiunge Cristiano Gori,
coordinatore dell’Alleanza contro la povertà. « Motivo in più per
allargare la misura».
In realtà, dal primo luglio la platea sarà
selezionata in base ai soli criteri reddituali. Mentre decadranno quelli
legati allo status famigliare, come la presenza di minori, disabili,
donne in gravidanza o un disoccupato over 55. Le domande respinte perché
sin qui non ricomprese in queste tipologie saranno riesaminate. Ma i
limiti di Isee e Isre resteranno.
I nuovi dati Inps sono comunque
di grande interesse. La metà delle 184 mila domande accettate viene da
Campania e Sicilia. Quasi sette su dieci dal Sud. Tre su quattro da
famiglie numerose, con più di 3 figli. Proprio il quadro che dà l’Istat
quando descrive la povertà in Italia. L’obiettivo del Rei - per il quale
sono stanziati 2,3 miliardi nel 2018 e 3 miliardi dal 2020 - è arrivare
a 700 mila famiglie quest’anno (2,5 milioni di poveri, la metà del
totale). Siamo a 184 mila. A questo numero va aggiunta però una quota
delle 477 mila famiglie ancora coperte dal vecchio sostegno, creato dal
governo Letta, il Sia. Quando il Sia finirà, molte verranno dirottate
dai Comuni verso il Rei. In diverse Regioni poi - come Friuli, Puglia,
Emilia- Romagna - esistono altre misure contro la povertà, talora
sostitutive del Rei. Fatto sta che per ora dei 2 miliardi e passa a
disposizione sono stati erogati appena 54,4 milioni (Sia escluso). E va
detto che se a fine marzo le famiglie destinatarie di Rei erano a quota
110 mila ( 317 mila persone), ora siamo a 184 mila, di cui 100 mila con
figli minori ( oltre mezzo milione di persone coinvolte, all’incirca).
Solo 74 mila in più in due mesi. Tanto o poco?
« C’è
disinformazione nei Comuni, forse è stata fatta anche un po’ di
confusione con gli annunci sul Reddito di cittadinanza in campagna
elettorale, molte Regioni hanno altri strumenti » , dice ancora
Marongiu. « E poi consideriamo pure lo stigma, la difficoltà delle
persone a dichiararsi poveri » . Anche Gori osserva che «bisogna intanto
considerare insieme Rei e Sia, siamo solo all’inizio e poi in tutti i
paesi europei un’ampia quota di poveri, quasi un terzo, non fa domanda »
. Nei nuovi dati Inps c’è poi una curiosa quota di domande accolte ma
con beneficio nullo, ovvero assegno pari a zero (13 mila) oppure
inferiore a 20 euro al mese ( 2.300). Cosa significa? « A queste
famiglie spetta il Rei, ma per legge dall’assegno vanno sottratti altri
redditi esistenti, come ad esempio i benefici comunali», spiega
Marongiu. « In ogni caso saranno prese in carico e aiutate a seguire un
progetto per la ricerca di un lavoro o l’inserimento dei figli a
scuola».
Cosa resterà del Rei, anche alla luce di questi dati,
quando il governo progetterà il Reddito di cittadinanza? « Evitiamo di
fare la riforma della riforma», si augura Gori. «Partiamo da quanto
esiste».