Repubblica 14.6.18
Nasrin Sotoudeh
Arrestata in Iran l’avvocatessa dei diritti umani
di Francesca Caferri
Dopo
l’esilio auto-imposto della sua amica, mentore e collega Shirin Ebadi,
era diventata il simbolo della difesa dei diritti umani nel suo Paese,
l’Iran: una responsabilità che comporta rischi enormi, come aveva già
toccato con mano di persona, passando tre anni in prigione.
L’esperienza
l’aveva provata, ma non piegata: aveva continuato a lavorare e per
questo è stata di nuovo punita. Nasrin Sotoudeh, 55 anni, avvocatessa,
premio Sakharov nel 2012, è stata arrestata ieri nella sua casa di
Teheran: secondo quanto riferito dal marito, a portarla in carcere è
stata una vecchia condanna a cinque anni, di cui la donna non conosceva
neanche l’esistenza. A provocarla, la protesta pacifica che Sotoudeh
aveva intrapreso nel 2014 per riavere la licenza di lavoro che le era
stata revocata. Trasferita nel carcere di massima sicurezza di Evin,
Sotoudeh è soltanto l’ultima di una lista di avvocati sgraditi al regime
finiti in prigione negli ultimi mesi. A scatenare la reazione del
governo nei suoi confronti, sarebbe stata la presa di posizione contro
una recente riforma che prevede per gli accusati di reati di opinione la
possibilità di essere difesi soltanto da un numero limitato di legali –
20 in tutto, su 60mila registrati – pre-selezionati dalle autorità
giudiziarie. Sotoudeh aveva protestato contro la norma, definendola una
violazione dei diritti degli imputati. Soltanto l’ultima di una serie di
azioni e prese di posizioni pubbliche - come la scelta di continuare a
lavorare con la Ebadi, in esilio in Gran Bretagna - che l’hanno resa
invisa alle autorità.
Non è la prima volta che l’avvocatessa paga
un prezzo alto per le sue battaglie: era stata arrestata nel 2010 con
l’accusa di diffondere propaganda e cospirare contro la sicurezza dello
Stato. Nel 2011 fu condannata a 11 anni di carcere e sospesa dal lavoro
per 20 anni.
La sentenza fu poi ridotta in appello a sei anni e il
divieto di lavorare come avvocato a dieci anni. In quella fase, le fu
conferito il massimo riconoscimento europeo in tema di pace e diritti
umani, il premio Sakharov appunto.
In seguito alla vittoria del
moderato Hassan Rohani alle presidenziali nel 2013, l’avvocatessa era
stata rilasciata e dopo poco aveva intrapreso la battaglia per
riprendere a lavorare che l’ha condotta ora in carcere. Il suo ultimo
caso era stato la difesa delle ragazze arrestate negli ultimi mesi con
l’accusa di aver scoperto il capo in pubblico, togliendo il velo
islamico, obbligatorio per legge per le donne in Iran. «È una battaglia
per le nostre libertà fondamentali, non le lascerò sole», aveva detto a
Repubblica in quella occasione. La speranza ora è che a restare sola non
sia lei.