Repubblica 14.6.18
Pagare senza lasciare traccia
Il governo e la pazza voglia di contanti ma così aumentano evasione e reati
Il titolare dell’Interno dice che non ne limiterebbe l’uso, Bankitalia che aiuta la criminalità. I grillini in silenzio
di Marco Ruffolo
ROMA
Probabilmente non avrà avuto il tempo, il ministro dell’Interno Matteo
Salvini, di leggere i risultati di un’indagine della Banca d’Italia su
6.810 Comuni italiani che dimostra una evidente correlazione tra l’uso
del contante e il numero di reati quali traffico di droga, sfruttamento
della prostituzione, ricettazione, corruzione, estorsione, e altri
ancora. Avrebbe saputo che ogni 2 milioni in più di versamenti in
contante, i reati della criminalità organizzata aumentano dell’1%. Il
ministro non avrà letto o non avrà ritenuto interessante neppure il
rapporto annuale dell’Unità di informazione finanziaria di Via Nazionale
lì dove spiega una cosa che dovrebbe essere quasi scontata, ma che
evidentemente non lo è: «Il contante è il mezzo di pagamento prescelto
per transazioni dell’economia informale e illegale, poiché impedisce la
tracciabilità e garantisce l’anonimato degli scambi». E quindi «offre
opportunità per il perseguimento delle condotte a maggior rischio per il
Paese, come la corruzione e l’evasione fiscale». Tutto questo
evidentemente conta poco per il responsabile della nostra sicurezza,
tanto da spingerlo a dire alla Confesercenti: «Fosse per me, non ci
sarebbe alcun limite alla spesa in denaro contante, ognuno è libero di
spendere come vuole, quanto vuole, pagando come vuole».
Silenzio dai pentastellati.
Eppure
quando Matteo Renzi alla fine del 2015 decise insieme a Pier Carlo
Padoan non certo di liberalizzare del tutto il contante ma di elevare da
mille a tremila euro la soglia (tuttora in vigore) oltre la quale è
obbligatorio usare mezzi tracciabili (carte di credito, bancomat,
assegni e bonifici), i grillini fecero fuoco e fiamme accusando il
governo di favorire il riciclaggio. Un regalo alle cosche, dissero.
Quella
decisione di Renzi fu presa, si disse, per agevolare i consumi, che
invece restarono al palo per ancora molto tempo, e suscitò non poche
polemiche.
Non piacque in particolare all’Agenzia delle entrate, e
questo attrito fu una delle cause che portarono all’allontanamento
dell’allora responsabile dell’Agenzia, Rossella Orlandi. Ma la lobby del
contante, con il suo messaggio liberatorio per tutti (semplici
cittadini e commercianti, corrotti e corruttori, evasori e riciclatori),
è tutt’altro che un fenomeno nuovo. Una delle prime cose che fece il
duo Berlusconi-Tremonti, tornato al potere nel 2008 dopo Prodi, fu
proprio quella di cancellare la misura con cui il centrosinistra aveva
abbassato il tetto al contante da 12.500 a 5.000 euro. Si riallargarono
le maglie, in un clima con forti analogie con quello attuale, in nome
della libertà degli scambi, frenati da troppi lacci e lacciuoli. Poi,
quando il bilancio pubblico cominciò a traballare, lo stesso governo
Berlusconi, per poter recuperare qualcosa dalla lotta all’evasione, fu
costretto a riabbassare la soglia, finché Monti la portò a quota mille,
poi rialzata da Renzi. Insomma, un folle saliscendi con inevitabile
confusione tra i cittadini.
Adesso è Salvini a strappare al leader
di Forza Italia la bandiera della moneta libera con le stesse
motivazioni di allora. Sempre davanti a un’assemblea di commercianti,
nel febbraio scorso, l’attuale vice premier spiegò in poche battute la
sua posizione: «Mettere un limite ai contanti ci fa perdere clienti, che
vanno a fare la spesa altrove». Analisi non suffragata nella realtà da
alcuna dimostrazione fattuale. Secondo gli economisti della Banca
d’Italia, «l’esistenza di effetti sui consumi non è sorretta da chiara
evidenza empirica».
Fin qui il dibattito in Italia. Ma cosa fanno
gli altri Paesi europei? Alcuni di loro impongano limiti anche più
stringenti dei nostri all’uso del cash: mille euro in Francia e
Portogallo, 1.500 in Grecia, 2.500 in Spagna. Si obietta che i tedeschi,
e non solo loro, continuano a non prevedere alcun obbligo. Ma si
dimentica di dire che la Germania non ha lo stesso tasso di evasione, di
sommerso, di corruzione e di criminalità organizzata che ha l’Italia. E
come dimostra l’indagine Bankitalia citata all’inizio, più si paga cash
più quelle quattro piaghe nazionali trovano alimento.
Tra
l’altro, il contante da noi, dopo la parziale liberalizzazione targata
Renzi, invece di ridursi, sta di nuovo aumentando, e copre l’86% di
tutte le transazioni finanziarie, una percentuale che ci proietta ai
primi posti in Europa. In queste condizioni, con un’evasione di oltre
cento miliardi, con un sommerso pari al 25-30% del Pil, e un’attività di
riciclaggio che si espande su tutta la penisola, c’è di che
preoccuparsi se il ministro dell’Interno, invece di favorire la sua
sostituzione con strumenti tracciabili, prefigura addirittura la sua
totale liberalizzazione.