Repubblica 12.6.18
L’attracco negato è un atto illegale
di Carlo Bonini
La
presa in ostaggio dei 629 della Aquarius interpella il Parlamento e il
Capo dello Stato quale garante del rispetto della Costituzione e dei
trattati internazionali. Perché il rifiuto di autorizzarne l’attracco
nei porti italiani disposto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini
nulla ha a che vedere con la discrezionalità dell’azione politica. È un
atto insieme illegale e fraudolento.
In aperta violazione della
“Convenzione Internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo”
siglata ad Amburgo il 27 aprile del 1979 e ratificata dal nostro Paese
con la legge 147 del 1989. Quella Convenzione fissa l’obbligo di
soccorso in mare a chi sia in pericolo di vita e quello del suo
trasferimento in un luogo sicuro. Per quanto riguarda il nostro Paese,
questo significa che il Centro nazionale di coordinamento del soccorso
marittimo della Guardia Costiera di Roma (Imrcc), ricevuta la
segnalazione di un’emergenza al di fuori della propria area di
responsabilità Sar (Search and rescue), in acque internazionali, assume
il coordinamento del soccorso.
Avvisa l’autorità Sar competente e,
se questa non è disponibile, coordina le operazioni fino al loro
termine (se necessario con mercantili e navi delle Ong), individuando il
luogo sicuro di sbarco.
Ebbene, sabato scorso, per disposizione
dell’Imrcc di Roma, sulla motonave della Ong “Sos Méditerranée”, sono
stati trasferiti 119 migranti recuperati dalla motonave “Jolly Vanadio”;
70 tratti in salvo dalla motovedetta Cp 319 della Guardia costiera
italiana; 87 recuperati dalla motonave “Vos Thalassa”, trasbordati prima
sulle nostre motovedette Cp 267 e 319, e da queste su Aquarius; 129
recuperati dalla motonave “Everest”, portati prima sulla motovedetta Cp
319 e da questa alla Aquarius.
Complessivamente, 405 esseri umani
che si sono aggiunti ai 224 soccorsi direttamente da Aquarius. Per
questo, contestualmente al trasbordo, alla “Aquarius”, come previsto
dalla Convenzione internazionale, l’Imrcc aveva dato quale “approdo
sicuro”, “place of safety”, il porto di Messina. Perché in quell’esatto
momento, l’Italia, che aveva condotto le operazioni di salvataggio e
trasbordo con la sua Guardia costiera, aveva assunto un obbligo
giuridico — “indisponibile” alla propaganda — di portare a termine il
soccorso con l’individuazione di un approdo sicuro che non poteva che
essere italiano.
Salvini ha consapevolmente violato quell’obbligo.
E per giunta, in modo fraudolento, spacciando al mercato del rancore
come “vicescafista” la nave di una Ong che aveva partecipato a
un’operazione di soccorso disposta dal Paese di cui è ministro
dell’Interno.