La Stampa 12.6.18
Un’azione umanitaria che non significa solidarietà con l’Italia
di Vladimiro Zagrebelsky
Stupisce
la soddisfazione del governo italiano per il gesto del nuovo governo
spagnolo che ha dichiarato di aprire il porto di Valencia alla nave
Aquarius e al suo carico umano. Il governo spagnolo, nel rifiuto opposto
dalle autorità maltesi e italiane, ha dichiarato di essere disposto a
un gesto umanitario. Vero è che il ministro Toninelli, responsabile dei
porti, accodandosi alle decisioni del ministro dell’Interno Salvini, ha
detto che la situazione a bordo è buona, ciò che permetterebbe a lui e a
noi di non preoccuparci troppo. Ma l’intervento spagnolo non è stato
motivato da solidarietà verso l’Italia, come fanno credere il presidente
del Consiglio Conte, il ministro Salvini (e, dalla Francia, Marine Le
Pen). Si tratta invece di un’azione umanitaria verso le donne, le donne
incinte, i bambini e gli uomini a bordo. È azzardato allora pensare che
invece il rifiuto italiano (e maltese) è inumano?
Certo secondo il
diritto internazionale un Paese può inibire l’attracco a navi
straniere. Più in generale gli Stati sono competenti per la gestione dei
loro confini, per ammettere o negare l’entrata agli stranieri, per
gestire i flussi di migranti. Tuttavia gli Stati d’Europa, orgogliosi
della loro civiltà, hanno accettato di assoggettarsi a limiti e
obbligazioni. Tutti coloro che vengono a trovarsi nell’ambito della loro
giurisdizione sono protetti, tra l’altro, dalla Convenzione europea dei
diritti umani, la quale vieta trattamenti inumani o degradanti e
riconosce a tutti, in quanto esseri umani, una serie di diritti e
libertà. L’Italia è parte di quella convenzione da più di sessant’anni.
Quella nave è stata doverosamente presa in carico da Roma dal servizio
dal Comando generale del corpo delle Capitanerie di Porto e così
l’Italia è il Paese giuridicamente responsabile del coordinamento dei
soccorsi; non sarà l’espediente di tenerla a galleggiare fuori delle
acque territoriali a escludere l’ormai acquisita giurisdizione italiana.
Né la condotta dell’isolotto maltese, comunque motivata, esclude la
responsabilità italiana. Non è improprio ricordare che siamo un Paese di
sessanta milioni di cittadini e pure membri del G7.
Sull’atteggiamento
del nuovo governo del cambiamento pesa inoltre un’altra domanda. Se non
fosse intervenuta la Spagna, si potrebbe immaginare che il comandante
della nave, nonostante il divieto, si presenti all’imboccatura di un
porto italiano, dichiarando di avere a bordo malati o donne prossime al
parto, oppure semplicemente perché ha esaurito le scorte. L’Italia
rifiuterebbe l’attracco? E prima ancora, per fermare la nave, la
silureremmo? La trascineremmo al largo? Impensabile, ridicolo. Forse non
solo i vescovi protesterebbero.
Insomma il gesto spagnolo ha sì
un effetto di solidarietà per il governo italiano, ma nel senso che l’ha
tirato fuori dall’angolo in cui si è cacciato, evitandogli
l’alternativa secca di perpetrare un’azione indegna di un Paese civile
oppure di dover fare marcia indietro.
Il modo in cui il governo
italiano ha assunto posizione nella vicenda sembra impostato come se si
trattasse solo di una nave e di una indifferenziata massa di individui
(perlopiù irregolari, ma in verità non sappiamo nemmeno chi sono, da
dove vengono, cosa hanno alle spalle). E di questo caso il governo fa
occasione di sfida a un’Europa matrigna, che «ci lascia soli». Per un
verso la recriminazione ha fondamento, anche se il numero di migranti
accolti da altri Paesi (la Germania per esempio) è in percentuale molto
più elevato dell’Italia. Per altro verso sbaglia bersaglio. L’Unione
europea come tale – l’odiata Bruxelles, con i suoi burocrati – ha
ridotta competenza nella politica delle migrazioni verso gli Stati
membri. Dai Trattati su cui l’Unione si fonda, si trae che nella materia
la sua possibile azione è regolata dal principio della solidarietà, tra
Stati membri e tra Stati e Unione. Scarsi sono gli strumenti per
imporre solidarietà quando questa è rifiutata. Sarebbe utile all’Italia
più Europa, non meno. In effetti nella materia, in epoca di nazionalismi
galoppanti, è forte la tentazione di far valere la tradizionale
sovranità degli Stati. È sotto gli occhi di tutti il rifiuto di
solidarietà da parte di numerosi Stati dell’Unione: primi tra tutti
quelli che si riuniscono nel gruppo di Visegrad. È sconcertante che a
essi i partiti al governo in Italia sembrino strizzar l’occhio.