martedì 12 giugno 2018

Repubblica 12.6.18
L’equilibrio spezzato fra M5s e Lega
di Stefano Folli


È bastato il primo test elettorale, a pochi giorni dalla nascita del governo Conte, per spezzare l’equilibrio fra M5S e Lega. Il risultato è chiaro: il movimento di Di Maio perde in maniera vistosa; il partito di Salvini vince, da solo o sotto una sigla di centrodestra, e ribadisce una tendenza. Perché è accaduto? Non può essere un giudizio sull’operato di un esecutivo appena insediato e senza dubbio hanno influito le situazioni locali tipiche di un voto amministrativo, a parte la solita astensione che stavolta ha colpito anche i Cinque Stelle. Ma è probabile che gli elettori abbiano colto i segni della nuova stagione e non li abbiano granché apprezzati: la spinta anti-sistema di ieri è diventata voglia di governo a tutti i costi. Di Maio e i suoi avrebbero sottoscritto il loro contratto con chiunque, pur di varcare la soglia della magica stanza dei bottoni. Alla fine si sono trovati come partner la Lega: un socio scomodo, ingombrante e soprattutto capace di esercitare una brusca leadership politica, palpabile fin dalle prime ore.
Così l’idea che i due partiti e i loro elettorati siano complementari e addirittura tendenti alla fusione è smentita dai fatti. Cinque Stelle e Lega hanno costruito, è vero, un’intesa di governo, ma si rivelano per quello che sono: distanti e persino diffidenti fra loro, più nella base che al vertice. La vicenda della nave Aquarius, intrecciatasi con la giornata elettorale, lo ha confermato. Il Movimento non più di lotta ma di governo si è trovato stretto in una morsa. Salvini ha dettato la musica («informando», bontà sua, il presidente del Consiglio), gli alleati si sono adeguati. Tutti, da Di Maio al ministro Toninelli, responsabile della gestione dei porti, hanno condiviso la tesi imposta dalla Lega e non poteva essere altrimenti. Ma si è capito che subivano un’iniziativa altrui. E quando qualcuno ha eccepito, come il sindaco di Livorno, Nogarin, desideroso di accogliere la nave per ragioni umanitarie, è stato più o meno rimesso in riga. Mentre il presidente della Camera ha preferito misurare le sue parole e non alimentare il dissenso.
Questo non significa che il risultato delle urne sia stato determinato dalla crisi dell’Aquarius. La coincidenza temporale non lo avrebbe permesso.
Tuttavia le novità sulla scena politica sono talmente vistose e rapide da essere ben percepite dall’opinione pubblica.
La fotografia descrive una Lega che applica senza esitazioni la sua linea, mentre i Cinque Stelle sembrano subordinati a un alleato che sulla carta vale la metà del movimento grillino eppure esercita un primato di fatto.
Certo, la rottura della simmetria fra M5S e Lega non può venire alla luce troppo presto. Ma una prima incrinatura si è verificata e sarebbe pericoloso sottovalutarla. È un’incrinatura nei rapporti politici e di governo, ribadita dal risultato del voto amministrativo.
Sullo sfondo si capisce fin troppo bene che Di Maio e Salvini stanno giocando due partite parallele, ma è il leghista a disporre delle carte migliori. Il ministro dell’Interno parla un linguaggio diretto e perfettamente comprensibile dal suo elettorato: legge e ordine, sicurezza, porti chiusi ai migranti. Certo, la nave dirottata in Spagna non esaurisce il problema, ci saranno altre Aquarius.
Ma la trama del romanzo è leggibile.
Viceversa Di Maio deve cercare le risorse per attuare il suo programma, contenere l’Iva, finanziare il reddito di cittadinanza. La strada è in salita, come ha rivelato l’intervista del ministro Tria al Corriere. E la via di Di Maio è molto più tortuosa di quella del suo rivale.