il manifesto 12.6.18
Se le élites sono economiche e non culturali
di Carlo Freccero
Ho
scritto sul manifesto del 5 giugno, che con l’adesione acritica alla
terza via del neoliberismo la sinistra è diventata non l’antagonista del
neocolonialismo globalista, ma addirittura, la sua maggiore fautrice.
Aggiungendo che, in quanto sinistra, non può palesare le sue intenzioni.
Un’esponente della destra come Trump può bombardare in nome della
superiorità militare americana al grido “America First”. Una neocon
liberal come Hillary Clinton o un buonista come Obama, devono
trincerarsi invece dietro lo schermo dell’esportazione della democrazia.
La
sinistra del politicamente corretto si estingue perché non riesce più
ad elaborare un pensiero critico. In questi anni ha creduto alla favola
dei dittatori cattivi e, come unico rimedio, ha proposto l’accoglienza
dei profughi, vittime non dalla guerra, ma dei loro stessi governanti.
Ha fatto propria l’equazione fascismo = comunismo. Si è schierata sempre
dalla parte sbagliata. Questo perché la terza via non è che
l’espressione del pensiero unico per cui tutto il resto è totalitarismo.
Di
questo pacchetto di riforme dell’originario pensiero di sinistra, fa
parte l’idea che la democrazia preveda una frattura popolo/élites, e che
le élites debbano guidare un popolo incapace di autodeterminazione.
Confesso
che le mie idee sulle élites nascono, come reazione, alla lettura del
libro Propaganda di Edwards Bernays. Bernays, l’inventore della
propaganda, la giustifica a partire dall’esigenza di piegare il popolo,
mosso da istinti bestiali, ai voleri delle élites che invece perseguono a
livello sociale, interessi legittimi. Questa visione elitaria della
democrazia fa parte della visione del mondo americano. Ma, per fortuna,
non è condivisa dalla nostra Costituzione che all’art.1 recita: «La
sovranità appartiene al popolo».
Ma, polemizzando con queste mie
considerazioni, sul manifesto dell’8 giugno Alessandro Dal Lago scrive
che anche Gramsci credeva nelle élites. Siamo qui davanti all’ambiguità
della parola élites che significa cose diverse in Europa o in America.
Le sinistre europee, secondo la classica priorità del capitale culturale
sul capitale economico, attribuivano al capitale culturale le élites.
Viceversa l’America ha sempre e solo conosciuto il capitale economico.
In un contesto neoliberista élites significa élites economiche, quindi
multinazionali e banche con tutto il sistema di propaganda che le
circonda. Il disprezzo del popolo in quanto incapace di conseguire
risultati economici ha a sua volta radici nell’etica protestante che,
come Weber ci insegna, attribuisce al ricco l’evidenza della grazia
Divina.
Concludo sui migranti. Sono reduce da Migranti Film
Festival di Pollenzo, dove ero in giuria.. Ho visto un film bellissimo,
The Fifth Point of The Compass di Martin Prinoth che spiega il disagio
della migrazione più che tutta la teoria. E’ la storia di un ragazzo
straniero adottato in Sud Tirolo, cresciuto nella nebbia e nel gelo, che
indagando sulle sue radici, riesce a ritornare nel suo paese. I bisogni
identitari e culturali non sono necessariamente fascisti o di destra e
l’occidente non è necessariamente il migliore dei mondi possibili. Temo
che la sinistra, privata dalla sua classe di riferimento, il
proletariato, abbia fatto dei migranti una sorta di foglia di fico per
dimostrare di essere ancora dalla parte dei più deboli.
Ma i
migranti non sono il nuovo proletariato perché la loro coscienza
identitaria non è qui ma altrove. Hanno diritto a non essere
culturalmente sradicati, a meno che non si tratti di una loro libera
scelta. Viceversa gli abitanti dei quartieri più poveri in Europa, hanno
diritto a non essere sradicati dalle loro usanze da parte di
un’immigrazione culturalmente eterogenea. I migranti non risiedono in
via Montenapoleone e non portano via lavoro agli amministratori
delegati. Decidere come fanno le élites che il popolo è brutto sporco e
cattivo perché non vuole accoglierli è ingiusto. E’ il popolo che porta
il peso dell’immigrazione con la perdita di valore del lavoro manuale.
La
svalutazione del lavoro in questi anni di ordoliberalismo e di euro, è
stata possibile solo grazie all’esercito di riserva costituito dai
migranti. E’ logico che le élites economiche siano favorevoli
all’immigrazione. Le libera dall’incombenza di delocalizzare dove c’è
disperazione, portando la disperazione direttamente qui.