mercoledì 27 giugno 2018

Repubbica 27.6.18
L’opposizione senza voce
di Michele Ainis


Questo governo è tutto: destra e sinistra, tecnici e politici, maggioranza e opposizione. Il vicepremier Salvini spara sui vaccini? S’oppone Grillo, ministra della Salute. L’altro vicepremier Di Maio accelera sul reddito di cittadinanza? Frena Tria, il ministro tecnico dell’Economia. Evviva, la maggioranza è viva. Anche troppo, verrebbe da osservare. Però in democrazia la dialettica politica dovrebbe consumarsi fra maggioranza e minoranza, non fra i maggiorenti della stessa maggioranza. E invece la minoranza dov’è, dove si è nascosta? Assente, silente, ancora penitente, mentre si succedono le batoste elettorali. E quando parla la sua voce non risuona, non ha abbastanza decibel per toccare l’uditorio.
Insomma, una débâcle, un paesaggio di rovine. Quelle del vecchio leader (Renzi), disarcionato dai propri errori, non da nuovi leader. Lasciando perciò un partito senza un comandante in capo, con i suoi colonnelli in lite perenne sulla rotta da seguire. Problemi loro, diranno i tifosi del nuovo esecutivo. Dopotutto pure l’altra minoranza (Forza Italia) non scoppia di salute. Però il Pd ha ottenuto più voti alle politiche, e non si era presentato in alleanza con un partito ( la Lega) che adesso siede sui banchi del governo. Quindi la prima responsabilità dell’opposizione è tutta sua. Se non riesce a esercitarla, i suoi problemi diventano anche i nostri, diventano un guaio per la democrazia italiana nel suo insieme. Perché la democrazia è potere controllato, bilanciato da un contropotere. Altrimenti il potere degenera in onnipotenza, e dunque in prepotenza. È esattamente a questo, a scongiurare questo pericolo letale, che servono le regole istituzionali e costituzionali. E fra tali regole ce n’è una che può tornare utile nei tempi di potere solitario che stiamo attraversando: la formazione d’un governo ombra.
L’idea è stata allevata in Inghilterra, e da lì esportata in India, in Canada, in Australia, in varie altre contrade. Ha lo scopo di rendere visibile un’alternativa di governo, sia nelle persone sia nei provvedimenti. Sicché la minoranza con più seggi in Parlamento forma uno Shadow Cabinet: tanti ministri quanti sono i membri dell’esecutivo in carica, con gli stessi dicasteri, sia pure virtuali. E lo Shadow Cabinet sviluppa un programma contrapposto al programma del governo, lo fronteggia, lo incalza su ogni iniziativa. Ma al tempo stesso il premier ombra viene sempre consultato dal premier ( quello vero) sulle questioni d’interesse nazionale, sulla politica estera, sulle più gravi emergenze. Perché in Inghilterra si tratta di un’istituzione seria, che loro prendono sul serio. Tant’è che i suoi poteri vengono regolati, nero su bianco, dalla legge. Anzi: Jeremy Corbyn, l’attuale capo dello Shadow Cabinet, riceve perfino uno stipendio dall’erario. Nulla di strano, se l’opposizione indossa un abito di Stato, se agisce nell’interesse stesso dello Stato.
E in Italia? Manca la legge, ma soprattutto fin qui è mancata la cultura. Sicché le nostre esperienze in questo campo sono state episodiche, talvolta caricaturali rispetto al modello inglese. Nel 1989 ci provò il Pci di Occhetto, innescando una diatriba permanente all’interno del partito. Nel 2008 ci riprovò Veltroni, con risultati migliori. Nel 2014 fu la volta di Rotondi, a nome della destra; ma del suo governo ombra nessuno vide neanche l’ombra. Tuttavia questi trascorsi negativi non bastano a giustificarne la rinuncia, adesso e per tutti i secoli a venire; altrimenti non dovremmo più tentare una riforma della Costituzione, dopo gli insuccessi collezionati negli ultimi decenni. Significa che far peggio sarebbe pressoché impossibile, mettiamola così. E far meglio, viceversa, significa rilanciare un’opposizione costruttiva, favorendo la stessa ristrutturazione del Pd. Significa restituire linfa al Parlamento, il solo luogo abitato dalla minoranza. Significa, in ultimo, misurarsi sulle cose, uscendo dalla nuvola dei tweet, dei post, delle parole pungenti e fastidiose come vespe che volano nei cieli della Rete. Non è poco.