l’espresso 17.6.18
Saggio
Alchimia dei sogni
Cappozzo recupera i codici di interpretazione più diffusi nel Medioevo
Di Roberto Di Caro
Da
Apollodoro a Kerouac, dalla tradizione arabo-islamica fino alla Smorfia
napoletana, catalogare i sogni è dipanare il mondo, sviscerarne il
senso attraverso i segni, svelarne le nascoste correlazioni,
razionalizzare l’irrazionale: la realtà esterna, divino incluso, per gli
antichi come per gli uomini del Rinascimento; l’individuo e
l’inconscio, per il Novecento marchiato da Freud. Stupefacente è semmai,
per la gioia degli innatisti, il fatto che «durante il corso di 3.200
anni dall’antico Egitto a oggi, l’interpretazione dei sogni è rimasta
sorprendentemente coerente, dimostrandoci che nel momento in cui la
razionalità viene disattivata l’essere umano si scopre uguale a se
stesso». Così Valerio Cappozzo, direttore di Italianistica
all’University of Mississippi, nel suo “Dizionario dei sogni nel
Medioevo. Il Somniale Danielis in manoscritti letterari” (Olschki, pp.
416, € 35). Lo scorri e consulti con la stessa leggerezza con cui
spulceresti la Smorfia per sapere che numero giocare al lotto, questo
dottissimo lavoro di recupero di tutti i codici tra loro anche molto
diversi che riprendono, traducono e integrano il testo oniromantico più
diffuso e usato tra Medioevo e Rinascimento. Per scoprire, apriamo a
caso, che «cholla vergine favellare anghoscia significa, chon putana
iacere securità significa». In una vorticosa scorribanda tra sogni
divinatori, scaramantici, profetici, danteschi e boccacceschi,
rivelazione di Dio o inganno del Demonio, cabala, alchimia e tutti i
possibili universi di simboli. Perché, come scriveva Leonardo da Vinci,
«vede più certa la cosa l’occhio ne’ sogni che colla immaginazione
stando desto».