giovedì 21 giugno 2018

l’espresso 17.6.18
Saggio
Alchimia dei sogni
Cappozzo recupera i codici di interpretazione più diffusi nel Medioevo
Di Roberto Di Caro


Da Apollodoro a Kerouac, dalla tradizione arabo-islamica fino alla Smorfia napoletana, catalogare i sogni è dipanare il mondo, sviscerarne il senso attraverso i segni, svelarne le nascoste correlazioni, razionalizzare l’irrazionale: la realtà esterna, divino incluso, per gli antichi come per gli uomini del Rinascimento; l’individuo e l’inconscio, per il Novecento marchiato da Freud. Stupefacente è semmai, per la gioia degli innatisti, il fatto che «durante il corso di 3.200 anni dall’antico Egitto a oggi, l’interpretazione dei sogni è rimasta sorprendentemente coerente, dimostrandoci che nel momento in cui la razionalità viene disattivata l’essere umano si scopre uguale a se stesso». Così Valerio Cappozzo, direttore di Italianistica all’University of Mississippi, nel suo “Dizionario dei sogni nel Medioevo. Il Somniale Danielis in manoscritti letterari” (Olschki, pp. 416, € 35). Lo scorri e consulti con la stessa leggerezza con cui spulceresti la Smorfia per sapere che numero giocare al lotto, questo dottissimo lavoro di recupero di tutti i codici tra loro anche molto diversi che riprendono, traducono e integrano il testo oniromantico più diffuso e usato tra Medioevo e Rinascimento. Per scoprire, apriamo a caso, che «cholla vergine favellare anghoscia significa, chon putana iacere securità significa». In una vorticosa scorribanda tra sogni divinatori, scaramantici, profetici, danteschi e boccacceschi, rivelazione di Dio o inganno del Demonio, cabala, alchimia e tutti i possibili universi di simboli. Perché, come scriveva Leonardo da Vinci, «vede più certa la cosa l’occhio ne’ sogni che colla immaginazione stando desto».