La Stampa 8.7.18
I martiri antinazisti della Rosa Bianca, fiore simbolo di amore spirituale
di Anna Peyron
Frau
Karl Druschki», creata dal tedesco Peter Lambert nel 1896, e dedicata
alla signora Druschki, moglie del presidente della Società tedesca degli
Amici delle Rose, figura tra le grandi rose tedesche della fine del
XIX° secolo La sua nomea le derivava, sicuramente, dalla bellezza del
suo fiore bianco come la neve, dall’abbondanza della sua fioritura,
dalla sua ottima rifiorenza. Queste ragioni ne determinarono il successo
tra gli amanti delle rose, in patria e non solo. Nei paesi
anglosassoni, a causa dell’ondata di germanofobia nata alla fine della
Prima Guerra Mondiale, prese il nome di «White American Beauty», in
Francia fu anche distribuita come «Reine des Neiges».
È un arbusto
forte, dal fogliame chiaro e lucente. I grandi fiori in forma di coppa
globosa si aprono solitari o a mazzi. Il colore è uno splendente bianco
puro con una sfumatura limone chiaro all’unghia del petalo. Il profumo, a
scapito della sua bellezza, ahimè, è quasi totalmente assente.
Gode
anche di un’ottima reputazione come genitore. Il n° 3 del giornale
«Rosenzeitung», del 1924, pubblica un elenco di quasi tutte le varietà
appartenenti alla sola prima generazione di rose ottenute dall’incrocio
tra «Frau Karl Druschki», che sia padre o madre, e un’altra varietà. La
lista è di 120; molte sono ancora in coltivazione, come «Gruss an
Aachen» e «Mrs. Herbert Stevens», per citare le più facilmente
reperibili sul mercato. Entrambe sfoggiano il medesimo colore candido
della genitrice.
Potrebbe essere stato il candore della
diffusissima «Druschki», come tutte le rose bianche simbolo di
innocenza, di amore puro e spirituale, a ispirare la scelta del nome
«Weisse Rose» al gruppo fondato da alcuni studenti cristiani di Monaco
di Baviera che, negli anni ‘42 e ‘43, con la diffusione di volantini,
invitavano la popolazione ad ingaggiare una resistenza passiva contro il
regime nazista.
Il 18 febbraio del ’43, alla fine delle lezioni,
gettarono dall’alto delle scale dell’università e sulla folla nei luoghi
più frequentati, volantini inneggianti alla rivolta, per un’Europa
federale che aderisse ai principi cristiani di tolleranza e giustizia.
Fu l’ultima loro azione. I primi arrestati furono i due fratelli Hans e
Sophie Scholl. Interrogati dalla Gestapo, tentarono, per proteggere i
loro compagni, di assumersi loro tutte le responsabilità degli scritti.
Sophie, torturata per quattro giorni, non fece un solo nome. «Si
comportarono con un coraggio fantastico. Tutto il carcere ne fu
impressionato» è la testimonianza dei secondini. Il processo seguì
immediato e durò cinque ore. La sentenza inappellabile li dichiarò
colpevoli, condannati alla ghigliottina. L’esecuzione avvenne in tutta
fretta, la sera stessa del pronunciamento.