venerdì 8 giugno 2018

Il Fatto 8.7.18
Hamas e il sacrificio palestinese nel venerdì di sangue di Gaza
Israele si prepara all’ennesima manifestazione al confine, mentre la popolazione araba appare sempre meno convinta delle linea intransigente dei suoi leader
di Fabio Scuto


Si prepara l’esercito israeliano schierato attorno alla Striscia di Gaza. I punti deboli della Barriera sono stati sostituiti, le linee sono state rinforzate con altri reparti arrivati di fresco. Elicotteri e caccia sono pronti al decollo nelle basi del sud. Il dispositivo militare per fermare oltre la Barriera che circonda Gaza le masse palestinesi è pronto per l’ultimo venerdì di Ramadan. Dall’altra parte del confine anche Hamas è pronto, i palestinesi si preparano per una nuova Great Return March che oggi assume anche il ricordo per l’anniversario della Naksa, la bruciante sconfitta del 5 giugno 1967 degli eserciti arabi con l’occupazione di Gaza e della Cisgiordania. Si preparano i miliziani mobilitati al massimo per portare anche oggi migliaia di persone a manifestare lungo i 37 chilometri della Barriera di confine con Israele. Si preparano gli “aviatori” di Hamas, i lanciatori degli aquiloni incendiari che hanno bruciato centinaia di ettari di terreni agricoli israeliani intorno alla Striscia. Si preparano i medici e paramedici volontari palestinesi: nelle marce sono finora morte 120 persone e 10.000 sono state ferite, 3.500 da munizioni vere. Cifre impressionanti che potrebbero limitare il numero dei partecipanti alle proteste, dipenderà dalla capacità di Hamas di convincere i disperati della Striscia che la soluzione alle loro emergenze passa attraverso la “Great Return March”.
Ieri mattina l’aviazione israeliana ha lasciato cadere i volantini lungo tutta la Striscia di Gaza, invitando i palestinesi a non prendere parte a violente proteste lungo la Barriera di sicurezza. L’esercito si aspetta che migliaia di residenti di Gaza vadano a protestare, a cercare di abbattere in alcuni punti la Barriera e far sciamare migliaia di manifestanti verso le cittadine e kibbutz che sorgono nelle vicinanze. Un incubo per la sicurezza israeliana. Ieri sera il portavoce dell’Idf ha detto che l’esercito è “pronto e preparato” per una serie di scenari diversi lungo il confine ed è “determinato a proteggere i cittadini di Israele e la sua sovranità”. Ieri mattina, come ulteriore deterrenza, sono stati lanciati volantini dagli aerei per dire agli abitanti di Gaza che Hamas sta cercando di usare loro e i loro figli per i propri obiettivi politici, per creare “l’anarchia”. “Per il tuo bene” – recita il testo – “è meglio per te non prendere parte a manifestazioni violente lungo il confine o attraversarlo. E non lasciare che Hamas ti trasformi in uno strumento per i suoi ristretti interessi”.
Giovedì scorso, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha difeso l’uso da parte israeliana di munizioni vere contro i manifestanti di Gaza e ha detto che Hamas vuole che i palestinesi muoiano. “L’ultima cosa che vogliamo è la violenza o lo scontro”, ha sostenuto il premier. Sull’uso delle munizioni vere – quelle usate durante questa crisi sono “modificate” e hanno un effetto devastante nelle parti colpite – la Corte Suprema israeliana questa settimana ha respinto all’unanimità una petizione di due gruppi per la difesa dei diritti umani che accusavano l’Idf di aver violato la legge usando cecchini e munizioni vere contro manifestanti armati di sassi e molotov.
La “questione Gaza” deve essere affrontata, concordano anche molti ufficiali dell’Idf. Ma come? Le condizioni di vita dentro sono terribili e l’emergenza umanitaria è dietro l’angolo. Israele può combattere contro Hamas che controlla la Striscia, ma non può riconquistare Gaza militarmente, il costo umano – oggi – sarebbe spaventoso. L’Anp di Abu Mazen non è in grado di riprendere politicamente il controllo della Striscia.