Il Fatto 8.7.18
Il mondo dei sogni che affama i lavoratori
Disney poverty - Il “senatore rosso” Sanders difende gli impiegati del parco dei divertimenti Usa
Il mondo dei sogni che affama i lavoratori
di Michela A. G. Iaccarino
Nel
mondo delle favole è scoppiata la guerra. Mickey Mouse e Minnie hanno
fame. Stanno urlando: vogliamo giustizia. California del Sud, nella
città-giocattolo della Walt Disney, Anaheim. Il “posto più felice del
mondo, dove i sogni diventano realtà”, come promette l’insegna, è
l’incubo in technicolor di migliaia di lavoratori. È povertà al gusto
pop-corn, indigenza pura allo zucchero filato.
Il Pluto che fa
foto ricordo con i bambini ha dato probabilmente i suoi in affido. Sotto
quel costume di gomma c’è qualcuno che ha i figli che vivono dai
parenti, perché chi lavora alla Disney non guadagna abbastanza per
mangiare tre volte al giorno: solo due terzi degli operai ha cibo
assicurato quotidianamente. Chi ti allunga un hot dog nella città Disney
ha probabilmente fame. Tre quarti di loro non sa come arrivare a fine
mese e uno su 10 dei lavoratori dei resort non ha una casa, rivela il
report dell’Occidental College.
O forse è uno di quell’11% di
lavoratori che, secondo un recente sondaggio tra gli operai
dell’azienda, ha sperimentato “cosa significhi essere un senzatetto”.
Una di quelle vite che vanno sbiadendosi nelle roulotte o nei motel
lungo le highways a stelle e strisce. Destini di uomini e topi. Da
quelli di gomma che vendono, a quelli con cui dividono le stanze che
riescono a permettersi.
“Voglio sentire qual’è la difesa morale di
un’azienda che fa 9 miliardi di profitti l’anno e ha i lavoratori che
muoiono di fame”. Rosso di rabbia e di bandiera, Bernie Sanders ha
abbracciato questa protesta come Pippo i bambini all’ingresso del parco.
Il senatore del Vermont è tornato. Vuole sapere perché una compagnia da
150 miliardi di dollari, con un amministratore delegato con un compenso
da 423 milioni, “abbia tre quarti dei suoi dipendenti che non possono
pagarsi le spese elementari”.
Dal 2000 al 2017 il salario minimo
degli operai Disney è sceso da 15,80 dollari l’ora a 13,36. L’aumento
richiesto dai sindacati adesso è di un solo dollaro orario, un
intervento urgente dovuto all’aumento del costo della vita e
all’inflazione. La compagnia l’ha accordato, ma solo nel 2020. Le lotte
per i diritti dei lavoratori non hanno mai trovato un lieto fine da
favola sotto le guglie dei castelli di Biancaneve.
All’ombra delle
montagne russe vengono organizzate dal 2010 marce per dire “stop the
Disney poverty”, mettere fine alla povertà Disney e alcuni lavoratori
sono anche entrati in sciopero della fame, dice la sindacalista Ada
Briceno, ma è sempre più difficile andar avanti.
Da Minnie a Marx.
Sono “vittime di uno spietato sfruttamento, con condizioni di lavoro
atroci, la loro lotta è la nostra”. Dopo gli operai delle favole,
Sanders con i sanderistas raggiungerà quelli dei docks, le banchine dei
porti d’America. Da una costa all’altra, fino alla Casa Bianca: Bernie
ha detto che ci proverà di nuovo nel 2020.