venerdì 8 giugno 2018

La Stampa 8.7.18
Il piano per togliere gli irregolari dalle strade
“Controlli più rapidi e aiuti Ue per i rimpatri”
Il ministro Salvini vuole una stretta sui richiedenti asilo che delinquono e potenziamento dei Centri per l’espulsione
di Francesco Grignetti


Si cominciano a intuire le prossime mosse di Matteo Salvini in tema di immigrazione. Dimenticando le promesse irrealizzabili, un primo concreto passo sarà la velocizzazione nell’esame delle richieste di asilo. Il 19 giugno, il neoministro ha convocato i presidenti delle commissioni prefettizie che esaminano la domanda di chi chiede protezione all’Italia. È la prima volta che un ministro dell’Interno li incontra. Di sicuro darà direttive.
L’occasione non è scelta a caso: il 19 si conclude il corso di formazione per 250 giovani nuovi funzionari, voluti fortemente da Marco Minniti, che andranno a rinforzare le commissioni. Se si considera che attualmente sono meno di 200 i funzionari addetti a questo tipo di lavoro (e neanche a tempo pieno), al Viminale ipotizzano che l’arretrato potrebbe essere dissolto nel giro di un anno e che da quel momento le domande sopravvenienti saranno smaltite velocemente.
Si profilano poi alcuni ritocchi legislativi ad alto impatto pratico. Salvini va dicendo che «i profughi veri sono il 6%, i clandestini il 94%». Lo dice perché un dossier del ministero dell’Interno certifica come il 6% dei richiedenti abbia avuto «asilo politico», il 4% «asilo sussidiario» e il 30% «asilo umanitario». Ecco, l’idea di molti nella Lega è rivedere o addirittura cancellare questa terza tipologia di asilo (specialità italiana, tedesca e britannica; tanto è vero che l’accordo di Schengen non lo contempla).
Nel programma giallo-verde, peraltro, è previsto che se un richiedente asilo delinque, si passa automaticamente all’espulsione. Ne parlerà oggi a Como, dove va a portare solidarietà ad alcuni autisti malmenati. «Novità che stiamo studiando dal punto di vista normativo - le definisce - perché non mi sembra giusto che chi arriva nel mio Paese chiedendo asilo e protezione, poi vada ad aggredire, e poi possa proseguire nel suo iter di richiesta di asilo».
Salvini insiste poi che non vuole vedere «clandestini a spasso». È il secondo corno del problema. Definito chi ha diritto a restare e chi no, il ministro progetta di far funzionare sul serio il sistema dei respingimenti. Nel 2017 sono stati rimpatriati circa 18mila clandestini. Per fare di meglio, occorrono più accordi di riammissione con i Paesi di origine, più soldi per i voli di rimpatrio, più Centri per il rimpatrio (che sostituiscono i vecchi Centri identificazione ed espulsione). Salvini potrebbe però pescare nei fondi dell’accoglienza.
Il ministro leghista inoltre vuole allungare i tempi del trattenimento. Ai tempi di Maroni si arrivò fino a 18 mesi. A sinistra, osservano le sue mosse con preoccupazione. Dice ad esempio Pierluigi Bersani: «Temo che, esaurita la pratica Dublino, si passi all’obiettivo vero e cioè: Cari europei alla Orban, noi facciamo la Turchia dell’Europa, dateci i soldi che allestiamo delle belle strutture dove li teniamo un anno e mezzo».
Un discorso peraltro che a Bruxelles e nelle cancellerie di tutta Europa piacerebbe assai. Nel 2015, per dire, la Commissione insistè molto perché gli hotspot e gli hub, ossia i centri di prima accoglienza, fossero chiusi e non aperti, salvo nei casi di chi palesemente aveva diritto all’asilo come siriani o eritrei. All’epoca il centrosinistra si oppose, ricordando che la nostra Costituzione vieta un trattenimento se non per ordine di un magistrato. Se ci si limita ai Cpr, però, non ci sono problemi costituzionali.