La Stampa 22.6.18
Tra Siena e Pisa un fronte popolare per salvare le roccaforti rosse
di Fabio Martini
Si
è fatta sera in piazzetta dell’Indipendenza, scenario medioevale per
uno spettacolo oramai desueto: un faccia a faccia tra due candidati
contrapposti, genere oramai cancellato nei talk show televisivi, dove i
Rodomonte di governo e di opposizione concionano, a patto di non doversi
confrontare tra di loro. Davanti ai cinquecento senesi accorsi nel
dopo-cena, ecco il sindaco uscente Bruno Valentini del Pd e Luigi De
Mossi, grintoso avvocato presentato dal centro-destra, in vista del
ballottaggio di domenica. E’ subito chiaro il copione, interessante
perché allude ad un nuovo trend nazionale. Il giornalista chiede del
decoro urbano e l’oppositore parla d’altro: «Il decoro è soprattutto
comportamento politico coerente: è immorale l’apparentamento col
“commissario politico”!». Non c’entra nulla, ma l’allusione al
recentissimo patto tra il sindaco pd e l’ex sindaco Pierluigi Piccini
(già Pci, da anni battitore liberissimo) suscita un boato rabbioso nella
claque di centrodestra. Il sindaco Valentini, che è un signore
distinto, non si sgualcisce: «Non riuscirete a farmi arrabbiare…». E
parla di cassonetti, turni di raccolta e delle novità realizzate e in
cantiere della sua amministrazione.
A prima vista potrebbe
sembrare la replica delle elezioni Politiche di marzo, con un Pd di
governo che si compiace del suo consuntivo ed un’opposizione che mena
fendenti. E invece a Siena - ma anche a Pisa e Massa, le altre due
roccaforti rosse a rischio – a sinistra lo schema è cambiato: a menar le
danze è un sindaco uscente che somiglia più a Paolo Gentiloni che a
Matteo Renzi, che in questo turno elettorale non è stato invitato da
nessuno. Quasi fosse uno scaccia-voti. Ma soprattutto è finita la guerra
a sinistra tra Pd e Leu: attorno ai candidati sindaci del Pd si sono
ricostituite coalizioni da “Fronte popolare”, che nel caso di Siena
somiglia più ad un “Cnl”, visto che comprende anche l’influente Piccini,
uno che ha trattato con Forza Italia ma che ieri sera aveva organizzato
un convegno con Tomaso Montanari
Quel che resta della sinistra
toscana è chiamata a Siena (ma anche a Pisa e a Massa) a verificare se
esistano le condizioni per una ripresa, o se la disaffezione abbia
bruciato anche le radici. Siena è da decenni città simbolo di tante
cose. Anzitutto di quel rapporto tra sinistra Pci-Pds-Pd, massoneria,
Monte dei Paschi e Fondazione, che il Gran Maestro della Massoneria
Stefano Bisi deliziosamente definisce «groviglio armonioso». Certo la
Fondazione, la grande mamma che ha partorito quasi tutti i sindaci
cittadini, è una mamma che via via ha perso influenza e tuttavia ha
ancora una sua significativa resilienza.
Ma anche città simbolo
dell’epifania e della caduta renziana. Nel 2012 Matteo chiuse qui il
tour delle Primarie contro Pier Luigi Bersani, perché Siena, con tutti
gli affanni di Mps era il simbolo del rapporto malato tra finanza e
sinistra. A Siena, alle Politiche di marzo, Renzi schierò il ministro
dell’Economia Pier Carlo Padoan, rassicurante testimonianza del
salvataggio di Stato di Mps. Ma ora, in questa campagna decisiva, a
Renzi hanno preferito Gentiloni e Veltroni.
A Siena la destra ha
una gran voglia di vincere all’insegna dell’«ora o mai più», Matteo
Salvini è venuto e tornerà stamani. Chi la spunterà? «C’è davvero una
grande incertezza perché si confrontano due debolezze», dice un vecchio
saggio come l’ex Provveditore Enzo Martinelli. E i Cinque Stelle? Non
pervenuti al primo turno: i rigorosi referenti locali tempo fa
sollevarono veli sulla moralità di alcuni notabili pentastellati e
questo è bastato perché da Roma (e dalla Casaleggio Associati) non si
concedesse l’autorizzazione a presentare il simbolo.
Gli elettori
Cinque Stelle potrebbero invece pesare a Pisa, dove al primo turno il
loro candidato ha raggranellato un modesto 9% che ora però potrebbe
spalmarsi in modo decisivo su uno dei due sfidanti: l’ex assessore
Andrea Serfogli (Pd) e Michele Conti, ex An. Ma a Pisa è accaduto
qualcosa politicamente e sociologicamente epocale: alle Politiche la
Lega è diventato il primo partito, con un boom particolare nel quartiere
popolare del Cep, un tempo oasi rossa per Pci, Psi, ma anche Pd. La
sicurezza pesa e negli ultimi giorni due carabinieri sono stati
aggrediti da venditori abusivi e il titolare di un pub è stato preso a
bottigliate da uno spacciatore immigrato. Da queste parti il personaggio
di riferimento è la sindaca di Cascina, la leghista Susanna Ceccardi,
destinata ad un grande futuro, che posta: «Alla gente non frega
assolutamente niente dell’antifascismo. Basta buonismo». Stasera
chiusura in piazza per Salvini. Avverte il professor Stefano Ceccanti,
deputato Pd: «Pisa non è mai stata Siena o Bologna: per anni centro e
destra sono stati socialmente forti e politicamente deboli. Anche
stavolta l’esito finale sarà determinato da uno spostamento minimo».