il manifesto 22.6.18
Cassazione: la «contenzione» è sequestro di persona
Sentenza
storica sul caso di Francesco Mastrogiovanni. Il maestro elementare
morì nel 2009 durante un Tso di 87 ore. Condanne per medici e infermieri
dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania, in provincia di Salerno
di Giuseppe Galzerano
ROMA
La contenzione dei pazienti negli ospedali e delle persone in altri
luoghi è sequestro di persona e chi vi ricorre commette reato. E’ quanto
ha stabilito la V Sezione della Corte di Cassazione, presieduta dal
Consigliere Dr. Maurizio Fumo, il 20 giugno 2018 nella sentenza su sei
medici e undici infermieri dell’ospedale San Luca di Vallo della
Lucania, in provincia di Salerno, responsabili della lunga e illegittima
contenzione di Francesco Mastrogiovanni, il maestro elementare morto
dopo aver subito incredibilmente 87 ore di illegittima contenzione,
tenuto legato senza alcuna interruzione ai quattro arti in un luogo di
cura, senza un sorso d’acqua e un pezzo di pane.
La sentenza
arriva dopo un giorno dal lungo dibattito in aula, nel corso del quale
il Procuratore Generale, Luigi Orsi, nella sua lunga requisitoria di due
ore, ha demolito l’impianto accusatorio, chiedendo l’annullamento senza
rinvio della condanna degli infermieri e per i medici la conferma delle
pene per falso ideologico e sequestro di persona, in quanto il reato di
morte come conseguenza di altro reato (art. 586) era andato prescritto
nel mese di marzo.
Per i sei medici, la Cassazione rigetta i
ricorsi e ridetermina le pene condannando Rocco Barone (responsabile di
aver disposto la contenzione) e Raffaele Basso ad un anno e tre mesi;
Amerigo Mazza e Anna Angela Ruberto a 10 mesi. La Ruberto era di
servizio la notte in cui Mastrogiovanni muore e ne scopre la morte sei
ore dopo ch’era avvenuta. Per Michele Di Genio – primario del reparto – è
annullata la condanna per reato di falsità ideologica (art. 479 c.p.)
in concorso, con rinvio per un nuovo esame alla Corte d’Appello di
Napoli, ma è confermata la condanna per concorso di reato (art. 110) e
sequestro di persona (art. 605) a un anno e un mese. Rigetta il ricorso
(senza rinvio) di Michele Della Pepa e conferma la condanna ad un anno e
un mese.
Degli infermieri – assolti in primo grado, condannati
dalla Corte d’Appello di Salerno il 15 novembre 2016 – è annullata la
sentenza contro Antonio Luongo per avvenuta morte, mentre Giuseppe
Forino, Alfredo Gaudio, Nicola Oricchio e Massimo Scarano sono
condannati a 8 mesi; Antonio De Vita, Maria D’Agostino Cirillo, Maria
Carmela Cortazzo, Massimo Minghetti, Raffaele Russo e Antonio Tardio a 7
mesi di reclusione.
Per il risarcimento civile la sentenza della Cassazione rinvia alla decisione del giudice civile in Corte d’Appello.
In
primo grado i medici erano stati condannati a pene variabili da due a
quattro anni di reclusione, pene ridotte alla metà dalla Corte d’Appello
di Salerno, che aveva condannato gli infermieri.
La sentenza
della Cassazione ha colto di sorpresa i tanti difensori degli imputati
che contavano sull’assoluzione dei loro clienti e hanno continuato a
denigrare Mastrogiovanni definendolo – in maniera infondata – violento,
drogato, asociale, abbandonato dalla famiglia (solo un avvocato lo ha
sempre definito correttamente «il professore Mastrogiovanni»); arrivando
finanche a chiedere nel processo di primo grado l’incriminazione dei
familiari per lite temeraria e sostenendo che la contenzione è una
pratica terapeutica.
Francesco Mastrogiovanni il 31 luglio 2009
venne sottoposto ad un Tso (Trattamento Sanitario Obbligatorio)
illegittimo e illegale ordinato non dai medici come prescrive la norma,
ma dall’allora sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, che per eseguirlo
fece sconfinare i suoi vigili in un campeggio del comune di San Mauro
Cilento, dove Mastrogiovanni trascorre tranquillamente le vacanze. La
sera prima sarebbe entrato con la macchina nell’isola pedonale di
Acciaroli e – secondo l’accusa, che si ha ragione di ritenere veritiera –
ne sarebbe uscito a folle velocità, senza causare un graffio a nessuno.
Inseguito e braccato alla stregua di una belva e di un pericoloso
criminale, la mattina successiva entra nel mare di Acciaroli, che
abbandona dopo due ore.
Solo allora un medico, capovolgendo la
norma, assecondando la richiesta del sindaco, chiede il Tso e una
dottoressa, specializzata in medicina dello sport, lo conferma.
Mastrogiovanni – come ha testimoniato Licia Musto, proprietaria del
campeggio – prima di salire sull’ambulanza, supplica profetico: «Non mi
fate portare all’ospedale di Vallo della Lucania, perché là mi
ammazzano», ma nessuno dà peso alle sue parole. All’ospedale, nonostante
sia intestato a San Luca, comincia il suo tragico calvario. Anche se è
tranquillo e saluta i medici, dopo mezz’ora viene – mentre dorme –
contenuto contemporaneamente con lacci di plastica ai polsi delle mani e
ai piedi. Resterà ininterrottamente legato per ottantotto ore. Per
quattro lunghi e caldi giorni non gli danno né da mangiare né da bere.
Anzi la contenzione supera la vita e da morto resta legato per altre sei
ore, prima che la mattina del 4 agosto 2009 i medici si accorgano che
il suo cuore – nell’indifferenza, nella barbarie e nella disumanità – ha
cessato di battere a causa di un edema polmonare, dal quale poteva
essere salvato.
Sua nipote, Grazia Serra, va a trovarlo, ma un
medico non la fa entrare dicendole che lo zio si agiterebbe. La ragazza
si meraviglia e torna a casa. La mattina dopo il sindaco di Castelnuovo
Cilento, non l’ospedale, telefona alla sorella per dirle: «Franco non è
più con noi», e quando chiede se è scappato apprende che è deceduto.
Prima l’ospedale aveva telefonato alla moglie di un altro paziente,
Giuseppe Mancoletti, anch’egli legato ai polsi, per dirle di portare i
panni perché il marito era morto.
La tragica e incredibile morte
di Mastrogiovanni è documentata in un lungo e inoppugnabile video
disponibile su internet e nel documentario «87 ore» di Costanza
Quattriglio trasmesso da Rai 3, che documentano minuto dopo minuto le
atrocità alle quali è stato sottoposto.
Mastrogiovanni, alto un
metro e 94, era un maestro pacifico e non violento, anarchico e di
grande umanità e sensibilità, e i suoi gli alunni lo avevano
affettuosamente definito nei loro disegni «il maestro più alto del
mondo».
Dopo questa importante e storica sentenza, dovuta al
sacrificio di Francesco Mastrogiovanni, non sarà più possibile contenere
i pazienti.
Occorre infine sottolineare che nessuno dei medici
coinvolti ha subito un giorno di carcere, né sono stati sospesi dal
lavoro e uno di loro è indagato per altre due morte sospette sempre per
Tso, avvenute recentemente nel reparto dell’ospedale dove lavora.
(Alcune
associazioni, tra cui il Comitato d’iniziativa Antipichiatrica di
Messina, il Movimento per la Giustizia Robin Hood-Avvocati Senza
Frontiere di Milano, Telefono Viola e Unisam di Roma, si erano
costituite parte civile nel processo).