La Stampa 13.66.18
Il sovranismo genera i conflitti
di Gian Enrico Rusconi
La
vicenda dell’Aquarius ci offre un esempio concreto della natura e della
intensità dei conflitti che solleva il «sovranismo» che ha preso il
posto, con parole nuove, del nazionalismo tradizionale, presuntivamente
scomparso nell’Unione europea. L’Italia si trova protagonista per lo
spregiudicato comportamento del suo ministro degli interni.
La
questione della «sovranità» ha due dimensioni. Una esterna riguarda la
posizione dell’Italia come membro dell’ Unione europea, partecipe di
quella che retoricamente si chiama «sovranità condivisa». Si tratta in
realtà di una finzione, clamorosamente confermata nell’ormai annoso
problema della migrazione incontrollata e incontrollabile. Il trattato
di Dublino è diventato la foglia di fico che nasconde la volontà di
molti membri dell’Unione di non condividere affatto la responsabilità
della accoglienza e della gestione dei migranti. I passati governi
italiani non sono mai riusciti a far prevalere le loro buone ragioni.
Adesso
Salvini, rispondendo ad una logica di potere interno, ha preso la
decisione di sfidare apertamente l’Europa. Ma la sua retorica («non
siamo più schiavi» o « servi» ecc.) presuppone l’esistenza di un
«sovrano» padrone che in realtà oggi si defila. Infatti è in ordine
sparso che le varie agenzie e istituzioni europee si fanno vive
ammonendo o raccomandando il principio umanitario di salvare esseri
umani. Enunciano un sacrosanto dovere/diritto che tuttavia non surroga
la necessità di un decisore politico.
Ma dov’è il «sovrano»
europeo che ha la legittimità di decidere efficacemente e
consensualmente? Non è il Parlamento di Strasburgo, non è la Commissione
dell’Unione bensì il Consiglio europeo degli Stati europei, che non
riesce a modificare e ad andare oltre il trattato di Dublino. Il
virtuale decisore sovrano è paralizzato, impotente. Quello che non hanno
potuto fare i contrasti sui problemi economico-finanziari, lo sta
ottenendo il dramma della migrazione.
Intanto sono già scattate
brutali reazioni verbali tra le capitali. Durissime sono le parole che
avrebbe pronunciato il Presidente francese Macron denunciando «una forma
di cinismo e di irresponsabilità» da parte dell’Italia nel caso della
nave Aquarius. Palazzo Chigi ha risposto altrettanto duramente.
«L’Italia non può accettare lezioni ipocrite da Paesi che in tema di
immigrazione hanno sempre preferito voltare la testa dall’altra parte». E
pensare che appena pochi giorni fa c’era stato un amichevole scambio di
vedute tra il presidente Conte e Macron. Specularmente opposta è stata
la reazione del primo ministro ungherese Viktor Orbàn che ha salutato la
posizione italiana come «un grande momento che potrebbe davvero portare
cambiamenti nella politica europea sulle migrazioni».
Ma a questo
punto dobbiamo introdurre la seconda dimensione della rivendicazione
della «sovranità»: quella interna, di «casa nostra». A nome di chi
Salvini rivendica il suo modo di esercitare in esclusiva la «sovranità»
nazionale dell’Italia? Il politico populista non ha dubbi: per lui
sovrano è «il popolo» che egli stesso rappresenta. Ovvero la somma degli
elettori che, nel caso italiano, combinando («con un contratto») due
partiti, raggiunge la maggioranza.
Ma questo non risponde nè allo
spirito nè alla lettera della nostra Costituzione che all’art.1 afferma:
«la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei
limiti della Costituzione». La frase è estremamente concisa ma
perentoria nel non identificare «il popolo» con una maggioranza
elettorale che ritiene di poter fare quello che vuole e come vuole. Il
riferimento alla Costituzione infatti poi si articola nel testo come
l’insieme di regole costituzionali che riguardano i partiti, i diritti
dei cittadini, delle minoranze ecc, diciamo pure l’intera società
civile. Ci sono le prerogative del Presidente della Repubblica e le
competenze insostituibili della magistratura e dei grandi apparati
amministrativi. Soprattutto c’è un grande sottinteso che univa tutti i
costituenti al di là del loro peso numerico e delle loro differenze
politico-ideologiche: la solidarietà e l’intesa comune quando sono in
gioco i grandi interessi della nazione.
Sta accadendo così in
questi giorni? Salvini, seguendo il suo personale istinto politico, ha
agito da solo. Non so se e come abbia preavvisato il presidente del
consiglio Giuseppe Conte che in ogni caso ha dato l’impressione di
seguire gli eventi, non di guidarli come capo del governo. Il Parlamento
non ha avuto ancora modo e tempo di esprimersi.
Se questo è il
«sovranismo» che ha in testa Salvini, c’è da essere inquieti. La
sovranità di una nazione (democratica) è una cosa seria e impegnativa.
Deve esprimersi anche attraverso l’attenzione e la lealtà reciproca tra
le parti politiche, tra maggioranza e minoranze, pur nel mantenimento
delle differenti posizioni. Ci attendono giorni e settimane di fermo
confronto con i partner europei che non deve trasformarsi in scontro di
sovranismi.