mercoledì 13 giugno 2018

La Stampa 13.66.18
Il sovranismo genera i conflitti
di Gian Enrico Rusconi

La vicenda dell’Aquarius ci offre un esempio concreto della natura e della intensità dei conflitti che solleva il «sovranismo» che ha preso il posto, con parole nuove, del nazionalismo tradizionale, presuntivamente scomparso nell’Unione europea. L’Italia si trova protagonista per lo spregiudicato comportamento del suo ministro degli interni.
La questione della «sovranità» ha due dimensioni. Una esterna riguarda la posizione dell’Italia come membro dell’ Unione europea, partecipe di quella che retoricamente si chiama «sovranità condivisa». Si tratta in realtà di una finzione, clamorosamente confermata nell’ormai annoso problema della migrazione incontrollata e incontrollabile. Il trattato di Dublino è diventato la foglia di fico che nasconde la volontà di molti membri dell’Unione di non condividere affatto la responsabilità della accoglienza e della gestione dei migranti. I passati governi italiani non sono mai riusciti a far prevalere le loro buone ragioni.
Adesso Salvini, rispondendo ad una logica di potere interno, ha preso la decisione di sfidare apertamente l’Europa. Ma la sua retorica («non siamo più schiavi» o « servi» ecc.) presuppone l’esistenza di un «sovrano» padrone che in realtà oggi si defila. Infatti è in ordine sparso che le varie agenzie e istituzioni europee si fanno vive ammonendo o raccomandando il principio umanitario di salvare esseri umani. Enunciano un sacrosanto dovere/diritto che tuttavia non surroga la necessità di un decisore politico.
Ma dov’è il «sovrano» europeo che ha la legittimità di decidere efficacemente e consensualmente? Non è il Parlamento di Strasburgo, non è la Commissione dell’Unione bensì il Consiglio europeo degli Stati europei, che non riesce a modificare e ad andare oltre il trattato di Dublino. Il virtuale decisore sovrano è paralizzato, impotente. Quello che non hanno potuto fare i contrasti sui problemi economico-finanziari, lo sta ottenendo il dramma della migrazione.
Intanto sono già scattate brutali reazioni verbali tra le capitali. Durissime sono le parole che avrebbe pronunciato il Presidente francese Macron denunciando «una forma di cinismo e di irresponsabilità» da parte dell’Italia nel caso della nave Aquarius. Palazzo Chigi ha risposto altrettanto duramente. «L’Italia non può accettare lezioni ipocrite da Paesi che in tema di immigrazione hanno sempre preferito voltare la testa dall’altra parte». E pensare che appena pochi giorni fa c’era stato un amichevole scambio di vedute tra il presidente Conte e Macron. Specularmente opposta è stata la reazione del primo ministro ungherese Viktor Orbàn che ha salutato la posizione italiana come «un grande momento che potrebbe davvero portare cambiamenti nella politica europea sulle migrazioni».
Ma a questo punto dobbiamo introdurre la seconda dimensione della rivendicazione della «sovranità»: quella interna, di «casa nostra». A nome di chi Salvini rivendica il suo modo di esercitare in esclusiva la «sovranità» nazionale dell’Italia? Il politico populista non ha dubbi: per lui sovrano è «il popolo» che egli stesso rappresenta. Ovvero la somma degli elettori che, nel caso italiano, combinando («con un contratto») due partiti, raggiunge la maggioranza.
Ma questo non risponde nè allo spirito nè alla lettera della nostra Costituzione che all’art.1 afferma: «la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». La frase è estremamente concisa ma perentoria nel non identificare «il popolo» con una maggioranza elettorale che ritiene di poter fare quello che vuole e come vuole. Il riferimento alla Costituzione infatti poi si articola nel testo come l’insieme di regole costituzionali che riguardano i partiti, i diritti dei cittadini, delle minoranze ecc, diciamo pure l’intera società civile. Ci sono le prerogative del Presidente della Repubblica e le competenze insostituibili della magistratura e dei grandi apparati amministrativi. Soprattutto c’è un grande sottinteso che univa tutti i costituenti al di là del loro peso numerico e delle loro differenze politico-ideologiche: la solidarietà e l’intesa comune quando sono in gioco i grandi interessi della nazione.
Sta accadendo così in questi giorni? Salvini, seguendo il suo personale istinto politico, ha agito da solo. Non so se e come abbia preavvisato il presidente del consiglio Giuseppe Conte che in ogni caso ha dato l’impressione di seguire gli eventi, non di guidarli come capo del governo. Il Parlamento non ha avuto ancora modo e tempo di esprimersi.
Se questo è il «sovranismo» che ha in testa Salvini, c’è da essere inquieti. La sovranità di una nazione (democratica) è una cosa seria e impegnativa. Deve esprimersi anche attraverso l’attenzione e la lealtà reciproca tra le parti politiche, tra maggioranza e minoranze, pur nel mantenimento delle differenti posizioni. Ci attendono giorni e settimane di fermo confronto con i partner europei che non deve trasformarsi in scontro di sovranismi.