lunedì 11 giugno 2018

La Stampa 11.6.18
Il vicepremier libico
“Assieme a Roma blindiamo i confini”
Il vicepremier di Tripoli Ahmed Omar Maetig: «Entro fine mese sarò in Italia per discutere con il nuovo governo


Dal nuovo governo italiano mi aspetto un impegno ancora più convinto a intensificare la lotta al traffico di esseri umani, vigilando sulla sicurezza del Mediterraneo e blindando i confini meridionali della Libia». È l’auspicio di Ahmed Omar Maetig, vicepresidente del Consiglio presidenziale del governo di accordo nazionale libico.
«Innanzi tutto vorrei dare il benvenuto al nuovo esecutivo. Vedo un governo potenzialmente forte e giovane, alcuni di loro già li conosco, altri voglio conoscerli quanto prima per stabilire un legame saldo. L’Italia è interlocutore, partner e alleato naturale della Libia nel dialogo tra le due sponde del Mediterraneo».
Ha in programma di vedere il nuovo governo?
«Entro la fine del mese vengo in Italia, poi inviteremo loro da noi per consolidare la partnership strategica».
Cosa si aspetta?
«Una strategia comune, la creazione di un blocco compatto per rendere ancora più efficace il contrasto al traffico di esseri umani e la lotta al terrorismo. Ma anche dal punto di vista economico la cooperazione è fondamentale».
Matteo Salvini ha detto che manterrà quanto di buono è stato fatto dal precedente governo, è d’accordo?
«Si ma non basta, occorre ampliare il lavoro che è stato iniziato col precedente governo. E questo sia per quanto riguarda il contrasto delle partenze dalle coste sia l’arrivo dei migranti dal sud.
Abbiamo oggi più controllo sui flussi di migranti, abbiamo visto che quando c’è cooperazione tra i due Paesi i risultati arrivano per entrambi e occorre continuare a lavorare per fermare i flussi dal sud. Noi contiamo sull’Italia affinché convinca anche gli altri Paesi europei ad avviare collaborazioni positive con noi per blindare la sicurezza del Mediterraneo».
A proposito di partner, come giudica il summit voluto da Macron a Parigi?
«L’iniziativa del presidente francese è stata sicuramente onorevole, ma prima di decidere la data delle elezioni deve esserci la disponibilità al negoziato, che non mi sembra ci sia da parte di tutti. Oltre al fatto che il voto deve essere basato su un referendum sulla costituzione della Libia, primo presupposto per la stabilità. Occorre poi che in questo processo partecipino tutte le componenti rappresentative, come Misurata, che ha avuto un ruolo fondamentale nella sconfitta dell’Isis con quasi 800 caduti e tremila feriti, ma che oggi non viene considerata come merita quando si organizzano alcuni vertici».
Tornando alla migrazione, con l’arrivo dell’estate c’è il rischio che riprendano i flussi massicci verso l’Italia?
«I flussi migratori sono stati intensi quando è mancato un controllo da parte del governo, sia per quanto riguarda gli arrivi dal sud che le partenze dalle coste. Più vacilla il controllo del governo e la stabilità di Tripoli più i flussi aumentano. A maggior ragione quando manca la cooperazione tra Italia e Libia.
Abbiamo stretto accordi con Ciad, Niger e Sudan e questo senz’altro aumenterà la sicurezza dei controlli, ma il lavoro che è stato fatto con l’Italia, specialmente in Niger, è stato decisivo. Così come lo è il contributo di questi Paesi a bloccare i flussi dall’Africa. La Libia soffre molto delle migrazioni, più che l’Europa, per gli alti costi, il sovraffollamento dei centri e le complicazioni nelle procedure di rimpatrio. Le città della costa non possono sostenere questi numeri, ecco perché occorre blindare il Mediterraneo tanto quanto i confini meridionali».
Cosa risponde alle critiche sulle condizioni disumane dei centri di detenzione?
«L’Onu è presente in Libia e si rende conto di come la situazione sia insostenibile. Ferma restando la condanna a ogni trattamento disumano dei cittadini provenienti dai nostri Paesi partner continentali, occorre dire che la capacità economica della Libia ha un limite, abbiamo bisogno dell’aiuto internazionale cosa che sino ad oggi non abbiamo visto, non c’è stata una collaborazione reale. Tutto ricade sulle spalle dei libici e dell’Italia».
Italia che fra l’altro è l’unica ad avere un’ambasciata a Tripoli...
«L’Italia ci ha anche aiutato con l’ospedale di Misurata quando eravamo impegnati contro l’Isis. Quando mi chiedono un esempio reale di aiuto sul terreno io parlo di Italia. Aprire l’ambasciata è stata un fatto molto positivo, mi auguro che facciano seguito altri Paesi».