lunedì 11 giugno 2018

La Stampa 11.6.18
Salvini respinge la nave dei disperati
Dopo il no di Malta ai 629 migranti dell’Aquarius, il ministro chiude i porti. Conte: l’Italia è sola
L’imbarcazione di Sos Méditerranée e Medici senza Frontiere naviga da ieri nel Canale di Sicilia in attesa di poter sbarcare il suo carico di profughi in un porto sicuro
I tre rischi della prova di forza
di Stefano Stefanini


Minacciando di chiudere i porti italiani a una nave franco-tedesca carica di migranti, il governo Conte lancia un triplice messaggio: di freno alle Ong; di pressione su Malta; di sfida all’Ue. Anche il rischio è triplice: di sostenibilità umanitaria; di apertura di una crisi bilaterale con La Valletta; di isolamento a Bruxelles. Roma deve domandarsi se può affrontarli tutti e tre contemporaneamente; se il gesto è dimostrativo, a quale sia la via d’uscita.
Con la collaborazione libica, Marco Minniti aveva già dato una stretta alle Ong, interdicendo le acque territoriali. I risultati si sono visti ma non c’è governo che possa vietare o impedire i salvataggi in mare. Le Ong giocano la carta del ricatto morale. Possono essere ristrette solo nella fase sbarchi.
Con Malta l’immigrazione è oggetto di vecchia controversia. La Valletta ha sempre risposto picche a Roma sull’accoglienza delle navi cariche di migranti; non cambia registro solo perché qualcosa è cambiato in Italia (sarà così anche altrove, come il nuovo governo scoprirà sul campo, europeo e internazionale). Malta avrà anche cercato di evadere responsabilità in questo campo. Può forse fare di più. Obiettivamente nessuno può però chiedere ad un’isola di 316 kmq e con 450 mila abitanti di accogliere i flussi di migranti che attraversano il Canale di Sicilia. La crisi che il governo ha volutamente aperto è con l’Unione Europea.
L’immigrazione era una miccia in attesa. E’ nel programma; la Lega ne ha fatto la propria bandiera.
Matteo Salvini ha voluto, e ottenuto, l’Interno. Siamo alle soglie della stagione degli sbarchi. Salvini doveva dimostrare che è capace di fare la differenza; vuoi mai che quest’estate arrivino più migranti che l’anno scorso! Ha scoperto di non avere molti mezzi a disposizione, salvo prendersela prima con la Tunisia poi con Malta.
Mali estremi, estremi rimedi. Messo con le spalle al muro, con la prospettiva di veder sbarcare più di mille migranti in quarantott’ore, il ministro dell’Interno ha preso una misura che ci mette in immediata rotta di collisione non solo con Malta ma con tutti i Paesi che hanno porti mediterranei dove le navi potrebbero sbarcare il loro carico, o di bandiera delle navi stesse (Aquarius, ad esempio, è registrata a Gibilterra quindi ricadrebbe sotto sovranità britannica).
Nell’Ue, dove si era recentemente sentito qualche borbottio di simpatia per la situazione italiana, la sponda anti-immigrazione (Austria, Ungheria, Est-europei) è solidale con Salvini, ma non vuole sbarchi, e basta; magari rischia di vederli arrivare in porti più vicini e/o una riapertura della rotta balcanica. Appoggi eterogenei (magari un tweet di Trump sulla via di Singapore) non sarebbero di grande aiuto. La chiusura dei porti mette Roma di fronte a due incognite: scontro su troppi fronti; difficoltà di far marcia indietro senza perdere la faccia.
Questa è la trappola in cui il governo Conte deve evitare di cadere. Il gesto dimostrativo non deve diventare un passo irreversibile. Il governo deve lasciarsi dei margini di manovra: con Malta, con le capitali europee, con l’Ue. La tenue corrente di simpatia per l’isolamento di Roma sui migranti va sfruttata non bruciata.
I trafficanti riempiono i gommoni. Le Ong si domandano se e a quante restrizioni vanno incontro. I Paesi africani come si muoverà il nuovo governo di Roma. Il messaggio libico, su queste colonne, è che Tripoli vuole continuare a collaborare e sta esplorando come.
La partita dell’immigrazione si gioca su più tavoli e con più interlocutori. Ha una dimensione umanitaria che non può essere ignorata l’opinione pubblica è ballerina. Il governo Conte fa dell’Aquarius una prova di forza con l’Europa, anche per la riforma del diritto d’asilo. Benissimo, ma senza una strategia complessiva, coinvolgendo i Paesi africani e facendo diplomazia a Bruxelles e alleanze in Europa, la brutalità è inefficace.