La Stampa 11.6.18
La battaglia dei cieli fra Israele e Hamas
Droni contro aquiloni incendiari a Gaza
di Giordano Stabile
Droni
contro aquiloni. Lo scontro lungo la Striscia di Gaza mette in scena
una sfida inedita, fra l’inventiva palestinese e l’alta tecnologia
israeliana. La disparità di mezzi fra i militanti palestinesi e uno dei
più potenti eserciti del mondo ha spinto Hamas e altri gruppi a
utilizzare tecniche di guerra sempre meno convenzionali, come, ultima in
ordine di apparizione, una galleria che sbucava nel mare, pronta per
essere utilizzata dagli «incursori» palestinesi, distrutta dalle forze
armate israeliane una settimana fa.
Ma ora, più che i tunnel
d’attacco, sono gli aquiloni incendiari a mettere in difficoltà Israele.
In un Paese arido basta poco ad appiccare incendi devastanti e gli
aquiloni possono essere lanciati a sorpresa, da qualunque posto,
richiedono una sorveglianza capillare lungo decine e decine di
chilometri di confine.
Finora le «intercettazioni», con fuoco da
terra o da droni armati, si sono rivelate poco efficaci e almeno un
terzo degli aquiloni è riuscito a passare le linee e a causare incendi.
Ieri per la prima volta l’esercito israeliano ha cambiato tattica e ha
usato droni di sorveglianza, armati con un cannoncino, per individuare i
lanciatori e bloccarli. Uno ha sparato «colpi di avvertimento» contro
un gruppo che si preparava al lancio. Non ci sono state vittime ma i
giovani hanno dovuto desistere. L’esercito ha avvertito che «le regole
di ingaggio» sono cambiate e ora l’uso di aquiloni o palloni incendiari è
considerato «una grave violazione» e pertanto «agirà di conseguenza».
Che gli aquiloni si siano trasformati in armi lo hanno ammesso
implicitamente le Brigate Salah al-Din, cioè «Saladino», che in un
comunicato hanno denunciato l’attacco con «un tentato omicidio» e lo
hanno definito «la prova del fallimento della strategia di Israele».
Anche
se Hamas non ha mai incitato all’uso degli aquiloni è chiaro che dietro
c’è un’organizzazione sempre più massiccia. Da marzo a oggi oltre 800
aquiloni sono stati lanciati verso Israele. Circa 500 sono stati
abbattuti, secondo i dati del governo israeliano, ma gli altri hanno
appiccato 300 incendi e distrutto due ettari e mezzo di coltivazioni e
due ettari di zone protette. Gli abitanti dei kibbutz hanno chiesto al
governo di intervenire con rappresaglie nella Striscia. Gli incendi
causano notevoli perdite economiche e a volte bloccano il traffico per
ore, come ieri sulla superstrada 34 fra Sderot e il kibbutz di Nirim. I
danni più gravi li hanno subiti la foresta di Besor e la riserva
naturale di Carmia, dove un terzo della vegetazione è finito in fumo a
opera di un pallone carico di materiale incendiario.
Per i
palestinesi l’uso di aquiloni incendiari è una forma di protesta contro
il blocco imposto alla Striscia da parte di Israele e per la repressione
delle «Marce del ritorno» al confine: dal 30 marzo oltre 120
palestinesi sono stati uccisi dal fuoco israeliano e circa 10 mila
feriti. Gruppi come la Jihad islamica e altri salafiti spingono per
«azioni militari», a cominciare dal lancio di razzi sulle cittadine
israeliane al confine. Hamas non ha ancora dato appoggio esplicito a una
salto di qualità nel confronto perché per ora preferisce incassare la
solidarietà dei Paesi musulmani per le dimostrazioni al confine. Ma il
gruppo continua a lavorare in vista di una possibile guerra aperta.
Domenica scorsa l’esercito israeliano ha scoperto un tunnel che sbucava
in mare, al confine con Israele, «unico nel suo genere». Hamas, secondo i
servizi israeliani, ha addestrato 1500 combattenti per incursioni dal
mare e quello rischia di essere il fronte più insidioso.