venerdì 8 giugno 2018

internazionale 1.6.18
In Europa
Un’occasione storica
Nei paesi europei dove il diritto all’aborto è limitato, il referendum irlandese ha riacceso il dibattito


“Dopo il referendum irlandese, l’Irlanda del Nord e Malta sono rimasti i paesi con le leggi più restrittive d’Europa sull’interruzione di gravidanza. Ma non per molto, almeno secondo i sostenitori del diritto di scelta”, scrive Suzanne Breen sul Belfast Telegraph. “In Irlanda del Nord l’aborto è regolato dalla legge sulle offese contro la persona del 1861, approvata sessant’anni prima che le donne ottenessero il diritto di voto. Molti pensano che abbia i giorni contati. Ma la leader del Partito unionista democratico (Dup), Arlene Foster, dice che il referendum in Irlanda non avrà nessuna conseguenza sulla legge. In teoria ha ragione. In pratica non potrebbe avere più torto. Quando alle donne per abortire basterà prendere un treno per Dublino o Drogheda invece che un aereo per Londra o Liverpool, tutto cambierà. Per chi ci guarda dall’estero è una situazione ridicola. Paradossalmente, il fatto che il governo britannico dipenda dai voti del Dup potrebbe favorire il cambiamento. Anche per questo i mezzi d’informazione britannici hanno dedicato molta attenzione alla posizione anomala dell’Irlanda del Nord. La pressione sulla premier britannica Theresa May è enorme. Un anno fa la minaccia di una rivolta nel Partito conservatore l’aveva costretta a fare marcia indietro e a permettere che le donne nordirlandesi abortissero a spese del servizio sanitario nazionale per la prima volta da cinquant’anni. È vero che l’aborto è una questione di competenza del governo nordirlandese, ma l’uguaglianza e i diritti umani non lo sono, e spetta al parlamento britannico sanare la situazione. Qualcuno pensa che in realtà il Dup sarebbe sollevato se fosse Londra a occuparsi della questione. La base del partito si è allargata negli ultimi anni e i sondaggi indicano che sull’aborto gli elettori del Dup sono molto più progressisti dei suoi leader. La sospensione dell’autonomia e il referendum in Irlanda potrebbero rappresentare un’occasione storica”. Un cambiamento sembra più difficile a Malta, dove “tutti i partiti politici sono fermamente contrari all’aborto, compresi il Partito democratico e i verdi”, scrive Saviour Balzan su Malta Today. “Il Partito nazionalista accusa il premier Joseph Muscat di voler cambiare le norme sulla scia della legge sulla fecondazione assistita, ma chi lo conosce sa che è contrario alla legalizzazione: è troppo attento ai calcoli elettorali. La situazione è molto diversa per i diritti degli omosessuali, su cui Malta è ai primi posti in Europa. Ma tutti i politici che si sono espressi in favore del diritto all’aborto hanno pagato con la loro carriera. A Malta una presa di posizione simile è come un alto tradimento, un peccato mortale. È ora che cominciamo a parlarne senza paura delle conseguenze. I nostri leader politici vogliono fare finta di niente e lasciare che se ne occupi la prossima generazione. Ma non vedo molti politici o attivisti disposti a sporcarsi le mani, almeno per adesso. Per questo i mezzi d’informazione dovrebbero avere un ruolo molto più grande in questo dibattito”. Rivolta culturale In Polonia, dove l’aborto è già fortemente limitato, il governo ultraconservatore sta cercando di renderlo illegale anche in caso di malattie genetiche del feto. Su Rzeczpospolita il ilosofo cattolico Marek Cichocki, vicino al governo, sostiene che “il risultato del referendum è una rivolta culturale in Irlanda, che fino a pochi anni fa rappresentava un modello di come coniugare tradizione e modernità, fede religiosa e successo economico. La crisi finanziaria del 2009 ha messo fine a questo idillio, distruggendo il lavoro di almeno due generazioni di irlandesi. Gli irlandesi si sono sentiti derubati, per questo hanno chiesto diritti, anche i più deplorevoli, nella speranza di recuperare la loro autodeterminazione. Ma confondono la libertà con il rifiuto di ogni responsabilità. È la morte dell’ordine sociale tradizionale”.