internazionale 1.6.18
In Europa
Un’occasione storica
Nei paesi europei dove il diritto all’aborto è limitato, il referendum irlandese ha riacceso il dibattito
“Dopo
il referendum irlandese, l’Irlanda del Nord e Malta sono rimasti i
paesi con le leggi più restrittive d’Europa sull’interruzione di
gravidanza. Ma non per molto, almeno secondo i sostenitori del diritto
di scelta”, scrive Suzanne Breen sul Belfast Telegraph. “In Irlanda del
Nord l’aborto è regolato dalla legge sulle offese contro la persona del
1861, approvata sessant’anni prima che le donne ottenessero il diritto
di voto. Molti pensano che abbia i giorni contati. Ma la leader del
Partito unionista democratico (Dup), Arlene Foster, dice che il
referendum in Irlanda non avrà nessuna conseguenza sulla legge. In
teoria ha ragione. In pratica non potrebbe avere più torto. Quando alle
donne per abortire basterà prendere un treno per Dublino o Drogheda
invece che un aereo per Londra o Liverpool, tutto cambierà. Per chi ci
guarda dall’estero è una situazione ridicola. Paradossalmente, il fatto
che il governo britannico dipenda dai voti del Dup potrebbe favorire il
cambiamento. Anche per questo i mezzi d’informazione britannici hanno
dedicato molta attenzione alla posizione anomala dell’Irlanda del Nord.
La pressione sulla premier britannica Theresa May è enorme. Un anno fa
la minaccia di una rivolta nel Partito conservatore l’aveva costretta a
fare marcia indietro e a permettere che le donne nordirlandesi
abortissero a spese del servizio sanitario nazionale per la prima volta
da cinquant’anni. È vero che l’aborto è una questione di competenza del
governo nordirlandese, ma l’uguaglianza e i diritti umani non lo sono, e
spetta al parlamento britannico sanare la situazione. Qualcuno pensa
che in realtà il Dup sarebbe sollevato se fosse Londra a occuparsi della
questione. La base del partito si è allargata negli ultimi anni e i
sondaggi indicano che sull’aborto gli elettori del Dup sono molto più
progressisti dei suoi leader. La sospensione dell’autonomia e il
referendum in Irlanda potrebbero rappresentare un’occasione storica”. Un
cambiamento sembra più difficile a Malta, dove “tutti i partiti
politici sono fermamente contrari all’aborto, compresi il Partito
democratico e i verdi”, scrive Saviour Balzan su Malta Today. “Il
Partito nazionalista accusa il premier Joseph Muscat di voler cambiare
le norme sulla scia della legge sulla fecondazione assistita, ma chi lo
conosce sa che è contrario alla legalizzazione: è troppo attento ai
calcoli elettorali. La situazione è molto diversa per i diritti degli
omosessuali, su cui Malta è ai primi posti in Europa. Ma tutti i
politici che si sono espressi in favore del diritto all’aborto hanno
pagato con la loro carriera. A Malta una presa di posizione simile è
come un alto tradimento, un peccato mortale. È ora che cominciamo a
parlarne senza paura delle conseguenze. I nostri leader politici
vogliono fare finta di niente e lasciare che se ne occupi la prossima
generazione. Ma non vedo molti politici o attivisti disposti a sporcarsi
le mani, almeno per adesso. Per questo i mezzi d’informazione
dovrebbero avere un ruolo molto più grande in questo dibattito”. Rivolta
culturale In Polonia, dove l’aborto è già fortemente limitato, il
governo ultraconservatore sta cercando di renderlo illegale anche in
caso di malattie genetiche del feto. Su Rzeczpospolita il ilosofo
cattolico Marek Cichocki, vicino al governo, sostiene che “il risultato
del referendum è una rivolta culturale in Irlanda, che fino a pochi anni
fa rappresentava un modello di come coniugare tradizione e modernità,
fede religiosa e successo economico. La crisi finanziaria del 2009 ha
messo fine a questo idillio, distruggendo il lavoro di almeno due
generazioni di irlandesi. Gli irlandesi si sono sentiti derubati, per
questo hanno chiesto diritti, anche i più deplorevoli, nella speranza di
recuperare la loro autodeterminazione. Ma confondono la libertà con il
rifiuto di ogni responsabilità. È la morte dell’ordine sociale
tradizionale”.