mercoledì 6 giugno 2018

Il Sole 6.6.18
Migranti, Ue spaccata sulla nuova Dublino
Roma-Visegard. No di Italia, Spagna, Austria, Romania, Ungheria, Slovenia e Slovacchia alla revisione che disciplina il diritto d’asilo
Il ministro Salvini. «È una vittoria per noi, sono molto soddisfatto. Significa che non è vero che non si può incidere sulle politche Ue»
di Beda Romano


BRUXELLES L’annosa riforma del Regolamento di Dublino, che dovrebbe regolare l’accoglienza di rifugiati nell’Unione europea, è ancora in alto mare.
L’obiettivo di trovare una intesa tra i Ventotto entro giugno appare difficile da raggiungere, tanto più che ieri in Lussemburgo si sono moltiplicate le critiche di numerosi ministri degli Interni. La questione dell’immigrazione verrà comunque discussa dai capi di Stato e di governo nel loro consueto vertice di fine mese.
Parlando alla stampa nel Granducato, Valentin Radev, il ministro degli Interni della Bulgaria, presidente di turno dell’Unione, ha parlato di «discussione franca» tra i ministri, facendo capire chiaramente le molte divisioni nazionali. Ha commentato dal canto suo il commissario all’immigrazione Dimitri Avramopoulos: «Il Regolamento di Dublino è morto, per questo dobbiamo riformarlo velocemente. Ma la riforma non è morta, a meno che non la vogliano uccidere». Il pacchetto sul tavolo rivede solo parzialmente il Regolamento di Dublino che prevede la responsabilità del paese di prima accoglienza nella gestione dei profughi. Tra le altre cose, la proposta di riforma stabilisce che nei casi di flussi particolarmente elevati vi possa essere un ricollocamento dei rifugiati in tutta l’Unione europea. Il pacchetto riprende a grandi linee l’iniziativa del 2015 che ha creato un meccanismo provvisorio di ricollocamento, criticato da alcuni stati membri.
Secondo un diplomatico, una decina di paesi si è detta contraria ieri all’attuale proposta di riforma: tra questi, Italia, Spagna, Austria, Ungheria, Slovenia, Germania e le tre repubbliche baltiche, mentre gli altri paesi hanno lasciato la porta aperta al negoziato. Rappresentato in Lussemburgo dall’ambasciatore presso l’Unione Maurizio Massari, il ministro degli Interni Matteo Salvini ha affermato da Roma che l’emergere di un fronte opposto alla riforma «è una vittoria per noi, sono molto soddisfatto, significa che non è vero che non si può incidere sulle politicheeuropee». A dire il vero, da mesi ormai la riforma del Regolamento di Dublino è osteggiata da numerosi paesi, non solo dall’Italia ma anche da governi dell'Est Europa, radicalmente contrari al ricollocamento di rifugiati. Da notare è che nella discussione in Lussemburgo alcuni paesi che in un primo tempo si erano detti contrari al pacchetto – Grecia, Cipro e Malta – hanno preferito tenere la porta aperta alle trattative, astenendosi da una oposizione netta. Berlino «è aperta a una discussione costruttiva» sulla più recente proposta della presidenza bulgara per la riforma del Regolamento di Dublino, «ma com’è attualmente non la accettiamo» ha detto dal canto suo il segretario di stato tedesco Stephan Mayer.
Due in particolare gli aspetti che non piacciono all’Italia: il perdurante onere di gestire l’arrivo di immigrati sulle sue coste così come un ricollocamento che nella proposta non è sufficientemente automatico e obbligatorio. Il ministro Salvini ha parlato questa settimana con il premier ungherese Viktor Orbán nel tentativo di creare un fronte comune. L’alleanza appare ai più sorprendente. Li accomuna il desiderio di frenare l’immigrazione, ma sulla questione del Regolamento di Dublino le loro visioni sono diverse.
L’Ungheria infatti è contraria a qualsiasi ricollocamento, mentre il governo italiano vorrebbe che i ricollocamenti dei richiedenti l’asilo fossero obbligatori e automatici.
«Penso che sia positivo se l’Italia inizia a rifiutare i migranti sulle proprie coste», ha detto riferendosi alla nuova linea italiana il sottosegretario belga all’immigrazione Theo Franken, esponente tra i più conservatori del governo Michel. Intanto, a complicare ulteriormente il dossier, è la presenza al Parlamento europeo di una deputata-relatrice, la svedese Cecilia Wikström, assai più liberale di molti governi. Un eventuale futuro accordo tra i Ventotto dovrà essere approvato dalla stessa Strasburgo.