il manifesto 6.6.18
Il ministro Salvini tra false emergenze e razzismo crescente
di Filippo Miraglia
vicepresidente nazionale Arci
Le
esternazioni di Salvini sono coerenti col personaggio costruito in
questi anni, questo bisogna riconoscerlo. Solo che adesso è ministro
dell’Interno. E questo fa una differenza.
Dice di essere contro la
riforma del regolamento di Dublino, proposta oggi nella riunione dei
ministri dell’Interno dell’Ue, che nella sua attuale formulazione
penalizza i paesi di primo approdo dei richiedenti asilo, come l’Italia,
e quindi andrebbe modificato. Ma c’è già il documento approvato di
recente dal Parlamento europeo, che responsabilizza tutti i Paesi e
introduce l’idea che chi arriva in Italia o in Grecia arriva in Europa
ed è l’Ue a doversene farse carico con un proprio piano d’accoglienza.
Una proposta che la Lega non ha votato e che – questo Salvini omette di
dirlo o non lo sa – non favorirebbe l’Italia perché in una divisione
equa dei richiedenti asilo, sulla base di criteri oggettivi, l’Italia,
sul lungo periodo, dovrebbe accoglierne più di quanti ne ha finora
accolti. Negli ultimi 10 anni infatti (2008-2017), l’Ue ha accolto circa
5 milioni di richiedenti asilo, pari all’1% della popolazione.
Poiché
l’Italia ha una popolazione pari al 12% di quella dell’Ue, in una
divisione basata solo sulla quantità di popolazione, a noi ne sarebbero
toccati 600 mila, più di quelli che abbiamo accolto.
Se poi
parliamo di chi ha ottenuto un permesso di soggiorno regolare, i dati
dicono che l’Italia fa meno di tanti altri. Nel solo 2017 la Germania ha
riconosciuto un numero di rifugiati dieci volte più alto rispetto
all’Italia (325 mila contro 35 mila). Anche la Francia ne ha
riconosciuto un numero più alto del nostro, e Austria e Svezia, paesi
molto più piccoli del nostro, un numero vicino a quello dell’Italia.
Il
ruolo della vittima, inaugurato da Renzi e sviluppato con grande
impegno dall’ex ministro Minniti, poco si adatta alla realtà e ai numeri
che con testardaggine raccontano una storia diversa dalla propaganda
elettorale leghista e non solo.
Salvini ripete le stesse cose
dette con altre parole dal suo predecessore. Nel campo delle politiche
anti immigrati Minniti però non è secondo a nessuno: accordi con le
milizie e con la guardia costiera libica per bloccare i flussi o
riconsegnare ai loro torturatori chi riesce a scappare. Infatti,
nonostante la polemica perpetua con il Pd, Salvini ha tributato un
elogio all’ex ministro, sostenendo che andrà avanti nella stessa
direzione, con maggiore efficacia.
In particolare Salvini sostiene
di voler aumentare i rimpatri e diminuire le risorse per l’accoglienza.
L’accordo con le bande libiche ha già ridotto drasticamente i flussi,
ma non si tratta di un dato di cui vantarsi, viste le conseguenze sulla
vita di decine di migliaia di persone.
Per aumentare i rimpatri,
il neo ministro ricorre agli insulti nei confronti dei tunisini: poiché
dalla Tunisia non ci sarebbe alcuna ragione per fuggire (lo dicevano
anche quando c’era Ben Ali), i tunisini vanno rimpatriati (cosa che
peraltro già avviene da mesi, spesso con rimpatri collettivi
illegittimi), anche perché, sostiene Salvini, a noi mandano i galeotti.
Un modo per facilitare le relazioni diplomatiche e ottenere
collaborazione, come si è già visto!
La riduzione della spesa per
l’accoglienza è un’ipotesi totalmente astratta e propagandistica. Se
diminuisce il numero delle persone, diminuirà la spesa. Ma a numeri
invariati la spesa non può diminuire perché gli obblighi previsti dalla
legge, per fortuna, non consentono ulteriori risparmi. Si può
risparmiare rendendo i centri invivibili. L’esperienza ci insegna che le
politiche di criminalizzazione dei richiedenti asilo e dell’accoglienza
hanno portato a un aumento della spesa pubblica e dei tempi
dell’accoglienza.
L’ossessione per il controllo orienta verso i
grandi centri (e il capitolato del ministero dell’Interno sui centri
d’accoglienza Cas esistenti va esplicitamente in questa direzione) che
sono più costosi, hanno un impatto negativo sui territori e allungano i
tempi dell’accoglienza.
Tra propaganda razzista e falsità l’avvio è degno senz’altro del personaggio.
Noi
siamo preoccupati, perché se già si respira un clima di rancore
diffuso, che spesso si traduce in violenza, come è successo in Calabria
(vedremo cosa accerteranno gli inquirenti, ma è fuor di dubbio che in
nell’omicidio si Soumalya Sacko ci sia una componente importante di
razzismo). E il fatto che un esponente del governo tanto acclamato soffi
sul fuoco dell’odio popolare non fa che confermare queste
preoccupazioni.
Oltre a denunciare quel che di falso e strumentale
c’è nelle parole del ministro Salvini, occorrerà mettere in campo
un’opposizione sociale all’altezza della sfida. Presto, molto presto.