Il Fatto 6.6.18
Migranti, Salvini come Minniti. Vuole chiudere i porti alle Ong
Impossibile
moltiplicare i rimpatri, le Regioni non vogliono i Cpr (ex Cie). Il
ministro e i prefetti al Viminale studiano come negare l’attracco in
Italia alle navi umanitarie
di Alessandro Mantovani
Pochi
giorni al Viminale sembrano aver convinto Matteo Salvini che “fate le
valigie” e “rimandiamoli a casa” sono slogan buoni per i comizi che
parlano alle paure del Paese, tantopiù in vista delle Comunali di
domenica, ma non facilmente realizzabili. Mancano gli accordi con i
Paesi d’origine; anche pochi rimpatri (se ne fanno non più di tremila
l’anno, 7.000 con i respigimenti alle frontiere, su 3-400 mila migranti
irregolari stimati sul territorio nazionale) comportano spese
significative e peraltro le Regioni – anche quelle del Nord a trazione
leghista – si oppongono a costruire nuovi Cie, che oggi si chiamano Cpr
(Centri di permanenza per il rimpatrio) già previsti dall’ex ministro
dell’Interno Marco Minniti, nei quali “trattenere” i migranti nella fase
di identificazione e riconoscimento da parte delle autorità dei loro
Paesi. E così il leader leghista, con i prefetti e i tecnici del
ministero dell’Interno, sta studiando misure per ridurre gli sbarchi
sulle coste italiane, che, come sappiamo, sono diminuiti del 78 per
cento se si confrontano i primi cinque mesi del 2017 con quelli
dell’anno in corso (60 mila contro 13.303), ma nelle ultime settimane
sono ripresi, con il loro carico di sofferenze e di naufragi, con
partenze dalla Libia ma anche dalla Tunisia.
Torna così il tema
della chiusura dei porti italiani alle imbarcazioni delle Organizzazioni
non governative che soccorrono i migranti in mare. Salvini l’aveva
detto subito, nella prima uscita da ministro a Pozzallo (Ragusa):
“Nessun vice scafista deve attraccare nei porti italiani”, aveva
dichiarato il neoministro dell’Interno qualificando con eleganza le Ong.
La materia del soccorso in mare però è delicata, l’Italia ha un’ampia
zona Sar (Search and rescue, ricerca e soccorso) della quale è
responsabile e nella quale, fin qui, ha coordinato le attività delle
imbarcazioni delle Ong, quelle militari dei diversi partner europei e
anche quelle dei guardacoste libici dopo gli accordi stretti proprio da
Minniti con il governo di Tripoli e i relativi aiuti in termini di
forniture e assistenza. Tutto è regolato da convenzioni internazionali
che nel Canale di Sicilia individuano nel nostro Paese i “porti sicuri”
nei quali far sbarcare i naufraghi dopo il soccorso. Come è noto Malta
non li accetta sul suo territorio ma non ha neppure sottoscritto tutti
gli impegni internazionali che vincolano le autorità italiane.
Anche
la strada della chiusura dei porti era già stata esplorata da Minniti,
esattamente un anno fa di fronte a un’impennata degli sbarchi. Era stato
però l’allora ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio,
competente per le Capitanerie di porto, a stoppare il titolare del
Viminale. Salvini invece non ne ha ancora parlato con il nuovo
responsabile delle Infrastrutture, Danilo Toninelli del M5s, a quanto si
apprende dallo staff di quest’ultimo che certamente condivise in linea
generale la campagna di Luigi Di Maio contro i “taxi del mare”, che se
non sono “vice scafisti” poco ci manca.
Salvini peraltro nei
giorni scorsi ha riconosciuto il “discreto lavoro” svolto da Minniti
sull’immigrazione ma non ne ha ancora parlato con lui. L’ha raccontato
il suo predecessore ieri sera: “Ho chiamato Salvini appena è stato
nominato ministro per complimentarmi con lui – ha spiegato l’ex ministro
dell’Interno a ‘Otto e mezzo’ su La7 –. L’ho chiamato dalla batteria
del Viminale perché non mi permetto di chiamarlo direttamente. E aspetto
ancora una sua risposta”. Salvini ha risposto a strettissimo giro di
agenzie: “Sono ministro solo da quattro giorni, ma ho già incontrato
decine di persone di grandissimo valore, sicuramente avrò modo di
incontrare anche l’ex ministro Minniti”. Certamente lo farà, tra un
comizio e l’altro.