Il Sole 12.6.18
La «pista austriaca»: frontiere mobili e hotspot in Kosovo
La strategia della prossima presidenza Ue in caso di disaccordo a fine giugno
di Gerardo Pelosi
Roma
Tra Berlino e Bruxelles è in corso un tentativo (forse l’ultimo) per
recuperare al summit europeo del 28 e 29 giugno la proposta di modifica
del regolamento di Dublino sui migranti nella versione messa a punto
dalla presidenza bulgara della Ue, respinto dai ministri degli Interni
europei il 5 giugno scorso. Una strategia emersa chiaramente dall’ultima
riunione del Coreper (riunione degli ambasciatori Ue) a Bruxelles ma
che vedrebbe inevitabilmente isolati Italia e Ungheria su un testo da
approvare a maggioranza.
La modifica del regolamento di Dublino
non piace a Roma e Budapest, ma per motivi diversi. Prevede infatti
molta più responsabilità dei Paesi di primo approdo come l’Italia con
nuovi obblighi su hotspot e identificazione e scarsa solidarietà (per
l’Ungheria sempre troppa) facendo scattare una procedura di emergenza
del ricollocamento solo allorquando si superi del 160% una quota
prefissata di arrivi. «Continuerò a porre con forza la modifica del
regolamento di Dublino di modo che si possano accogliere i nostri inviti
e si possano trovare soluzioni più giuste», ha detto ieri il premier,
Giuseppe Conte che incontrerà venerdì il presidente francese, Emmanuel
Macron e lunedì 18 la cancelliera tedesca, Angela Merkel. Soprattutto
con quest’ultima si dovrà necessariamente entrare nel merito di Dublino e
magari trovare un’intesa sulle possibili modifiche al testo della
presidenza bulgara (ad esempio ridurre da 160% a 120% il tetto oltre il
quale far scattare la relocation).
Molto scarse sono invece le
possibilità, in questa fase, di far progredire in qualche modo la
proposta del Parlamento europeo per modificare Dublino messa a punto
alla fine dell’anno scorso dalla liberale, Cecilia Wikstrom. Una
proposta che parla soprattutto italiano perché sostenuta da alcuni
correlatori che rispondono al nome di Laura Ferrara (Cinque stelle
Efdd), Alessandra Mussolini (Ppe) e Elli Schlein (Leu). Una proposta che
cerca di bilanciare le diverse esigenze avendo riguardo non solo al
Paese di primo approdo ma anche altri elementi quali la lingua e la
presenza di familiari in altri Paesi diversi da quelli della prima
accoglienza.
Ma il tempo stringe e la presidenza austriaca
dell’Unione europea che partirà il primo luglio sta già scaldando i
muscoli anche sul dossier dei migranti. Per ora si tratta solo di rumors
diffusi a Bruxelles. In caso di impossibilità a trovare un accordo
sulle modifiche di Berlino il 28 e 29 giugno, Vienna intenderebbe
affiancare il regolamento con una proposta innovativa di
“esternalizzazione” delle frontiere con lo scopo di alleggerire i flussi
in arrivo nel Sud del Mediterraneo. La proposta (che avrebbe ottenuto
il sostegno della Danimarca) prevede di creare centri di identificazione
e rimpatrio d’intesa con le agenzie delle Nazioni Unite (soprattutto
Unhcr) in Albania e Kosovo, Paesi candidati all’ingresso nella Ue. Lì
verrebbero concentrati quei migranti di cui si ha la certezza che non
hanno i requisiti per chiedere l’asilo. Una proposta che sicuramente
alleggerirebbe la pressione sulle rotte balcaniche dei migranti (e per
questo silenziosamente appoggiata anche da Berlino) ma che difficilmente
andrebbe ad incidere sui flussi nel Canale di Sicilia. Il nostro Paese,
a quel punto, dovrebbe solo chiedere analoga “esternalizzazione” ma
sulle frontiere esterne Schengen, al Sud della Libia.