martedì 12 giugno 2018

Corriere 12.6.18
Un esecutivo dominato dall’agenda di Salvini
di Massimo Franco


Dal punto di vista di Matteo Salvini, quanto è successo ieri è una vittoria. Il leader della Lega e ministro dell’Interno può intestarsi la decisione della Spagna di accogliere i 629 migranti della nave Aquarius, respinta da Malta e dall’Italia. «Alzare la voce paga», sostiene con un certo trionfalismo. E aggiunge che sulla chiusura dei porti il governo è stato compatto. Difficile dargli torto: almeno nel senso che il M5S è stato spiazzato dall’iniziativa di Salvini; e non ha potuto fare altro che assecondarla, zittendo il sindaco di Livorno, pronto a far sbarcare quelle persone. Da questa vicenda, il governo riemerge a trazione leghista. Sul piano elettorale, si può essere sicuri che quanti hanno votato per il Carroccio, il resto del centrodestra e anche settori del M5S e della sinistra, applaudono. In fondo, era il risultato al quale il successore di Marco Minniti al Viminale puntava: dimostrare che con lui l’aria sarebbe cambiata; che la richiesta di sicurezza proveniente dalla pancia dell’Italia avrebbe ricevuto una risposta forte; che gli sbarchi estivi sarebbero stati arginati sul nascere, a costo di una polemica frontale con l’Unione europea, accusata non a torto di avere lasciato solo troppo a lungo il nostro Paese. Politicamente, è la conferma di una Lega protagonista e di un M5S subalterno e in sofferenza: se non altro per le posizioni eterogenee al suo interno in tema di immigrazione. Il vertice di ieri sera a Palazzo Chigi col premier Giuseppe Conte e l’altro vicepremier, Luigi Di Maio, ufficializza un’agenda strategica dettata dal Carroccio; e destinata a aggiungere nuovi capitoli conflittuali. «Anche se il problema dell’Aquarius si è avviato a soluzione con il gesto di disponibilità, solidarietà e responsabilità della Spagna, il problema dell’emergenza immigrazione resta», ha avvertito Conte, allineato a Salvini. Ma a livello europeo, parlare di successo del nuovo governo italiano risulta prematuro. Non tanto perché risulta controverso, in termini di immagine, il «no» italiano e il «sì» spagnolo ai migranti. È da vedere quanto la strategia leghista riuscirà davvero a cambiare l’atteggiamento delle nazioni europee, finora indifferenti; e se diminuirà o accentuerà l’isolamento italiano. Può darsi che abbia ragione Di Maio a dire che «l’Italia non è più sola». Per il momento arrivano le critiche della Chiesa cattolica, e si avverte l’imbarazzo di parte del M5S. L’appoggio entusiasta di Fratelli d’Italia, formalmente fuori dal governo, alla linea dura, diventa ulteriore elemento di riflessione, per il Movimento di Di Maio. Certifica la piega che l’esecutivo sta prendendo. È difficile, tuttavia, che questo possa cambiare la strategia sull’immigrazione. Salvini ha mietuto consensi il 4 marzo, e forse li ha accresciuti alle Amministrative di domenica martellando a urne aperte sulla chiusura dei porti italiani. I migranti sono un affare anche per i partiti che li additano come la minaccia da esorcizzare, e che sanno usare la paura come moltiplicatore del proprio potere.