giovedì 7 giugno 2018

il manifesto 7.6.18
Unidos Podemos, il dialogo è aperto. Con prudenza
Sinistra. Pablo Iglesias ha dimostrato sia nel dibattito parlamentare che ha cacciato Rajoy, sia in questi primi giorni di definizione del nuovo governo, di muoversi con molta prudenza, pur di far avanzare l’unità con i socialisti
di Massimo Serafini


L’entusiasmo per essere riusciti a cacciare il partito popolare e Mariano Rajoy dal governo della Spagna, sta affievolendosi rapidamente e comincia a lasciare il passo alla paura. Serpeggia il timore che Sánchez e questo Psoe diviso non riescano a cogliere l’opportunità che la cacciata delle destre gli ha offerto di poter mettere in moto politiche sociali, ambientali in grado di raccogliere la domanda di cambiamento che sale dalla società spagnola, in poche parole di modificare i rapporti di forza e costruire le condizioni per una alternativa di sinistra. Non sono paure infondate. Emergono con nettezza persino nella squadra, resa nota ieri, con cui Sánchez intende governare. Ciò che più turba sono le resistenze al cambiamento che provengono dall’interno del Psoe.
È certamente un segnale positivo avere assegnato undici ministeri a donne, contro i solo sei dati ad uomini, se non altro fa capire che i socialisti spagnoli si sono accorti delle grande mobilitazione femminista che ha percorso la Spagna in questo ultimo anno. Non altrettanto si può dire per quanto riguarda la nomina come ministro degli esteri di Borrell, che per le sue posizioni molto chiuse nei confronti degli indipendentisti catalani, non suona certamente come una conferma di quel dialogo con il nuovo governo catalano, che Sanchez aveva promesso nel dibattito parlamentare sulla sfiducia a Rajoy.
Al di là della composizione del nuovo esecutivo ciò che realmente sta alimentando scetticismo e paura che l’opportunità che si è aperta venga dispersa è la scelta di Sánchez di dar vita ad un governo di minoranza socialista che gode di soli 84 seggi in parlamento. In poche parole non è stata nemmeno presa in considerazione la proposta che Pablo Iglesias, a nome di Unidos Podemos gli aveva rivolto, nel dibattito sulla sfiducia a Rajoy, di dare vita ad un governo di coalizione, in cui Unidos Podemos fosse pienamente coinvolto. Un governo di coalizione fra le due principali forze della sinistra se non altro disporrebbe di una base parlamentare di 155 seggi, non sufficienti a garantire la maggioranza assoluta del parlamento, ma comunque lo scarto per raggiungerla dipenderebbe solo dal voto delle forze nazionaliste, assai più conquistabile da un governo di coalizione in cui le sinistre operano unite. È del tutto evidente che solo ricostruendo l’unità fra Psoe e Unidos Podemos è possibile dare la credibilità necessaria, non solo alla volontà di dialogo sulla questione territoriale, ma soprattutto alla annunciata discontinuità nelle politiche sociali e ambientali rispetto a quelle fin qui praticate. Senza questa discontinuità non è possibile modificare i rapporti di forza a favore delle sinistre. L’idea stessa di un partito socialista autosufficiente, non bisognoso per costruire un progetto di nuovo paese di chi ha dato rappresentanza alle nuove generazioni spagnole e allo straordinario movimento del 2011 degli indignados, cioè Unidos Podemos, rafforzerebbe la sensazione di un governo non solo paralizzato dalla forza delle destre, ma che volontariamente sceglie il piccolo cabotaggio e politiche che non scontentano nessuno.
Unidos Podemos ha dimostrato sia nel dibattito parlamentare che ha cacciato Rajoy, sia in questi primi giorni di definizione del nuovo governo, di muoversi con molta prudenza, pur di far avanzare l’unità a sinistra. Non ha posto condizioni nel dare il proprio voto alla mozione socialista e non ha polemizzato più di tanto per l’annuncio di Sánchez di non volere modificare il bilancio per il 2018 approvato dalle destre. Nemmeno la scelta di dar vita a un governo di minoranza di soli socialisti ha per ora dato vita a scontri fra Psoe e Unidos Posdemos. È una scelta però che non può durare a lungo e continuare con le chiusure chiuderebbe il dialogo. Lo si vedrà nelle prime decisioni del nuovo governo. Se la coalizione non è stata possibile, la si può realizzare sulle scelte programmatiche. Ad esempio cominciando a dare risposte ai milioni di pensionati/e che da mesi protestano nelle città spagnole in difesa del sistema pubblico e di pensioni degne. Sarebbe un ottimo segnale di inversione di tendenza che dissiperebbe molte paure.