giovedì 7 giugno 2018

il manifesto 7.6.18
Pinotti compra altri 8 caccia F35 all’insaputa delle nuove Camere
La denuncia dell'Osservatorio Milex sulle spese militari. 150 milioni di euro l’uno: è il costo medio reale calcolato per gli F35 dall’ultima relazione della Corte dei Conti. Ma da 22 jet entro il 2021, ora si passa a 30 velivoli
di Rachele Gonnelli


«Imbarazzante» e «patetico», è così che il Times di Londra ha definito il volo inaugurale dei primi caccia supersonici F35 modello Lightning II consegnati dalla casa produttrice Lockheed Martin alla Raf, la Royal Air Force. È bastato un po’ di pioggia e il volo dalla Carolina del Sud alla base di Marham nel Norfolk è stato annullato. I modernissmi aererei multiruolo con tecnologia stealth per teatri di guerra lontani che i generali britannici si preparavano a festeggiare in pompa magna, sono rimasti a terra.
Da notare che si tratta degli stessi, identici, modelli di jet – progettati, sulla carta, per resistere ai cyberattacchi, a decollo verticale, non intercettabili e così via – che l’Italia ha recentemente comprato in blocco – in numero di otto – aumentando in un sol colpo e in modo considerevole il già costosissimo (730 milioni di dollari nelle ultime previsioni della Corte dei conti) programma di ammodernamento della flotta di cacciabombardieri tricolori.
A scoprire questo nuovo e ancora non pattuito acquisto dei lotti 13 e 14 è stato, proprio pochi giorni fa, l’Osservatorio sulle spese militari italiane Milex, attraverso una nota diffusa direttamente dal Pentagono. Costo in più per l’Italia: 10 milioni di dollari, che ora la nuova ministra della Difesa Elisabetta Trenta sarà impegnata a sborsare anche di controvoglia.
L’incertezza politica sul nuovo esecutivo italiano – si capisce dal rapporto Milex – ha indotto i partner statunitensi a premere sull’ex ministra della Difesa Roberta Pinotti perché firmasse di corsa l’acquisto degli altri otto aerei, nonostante la titolare del dicastero fosse in prorogatio di mandato, con gli scatononi già pronti. La firma porta la data del 25 aprile, cioè proprio mentre l’Italia, con un po’ di apprensione per i possibili ricorsi storici, festeggiava la Liberazione.
Con quel semplice tratto di penna è così andato in fumo gran parte del risparmio sul programma di acquisizioni di F35: dagli iniziali 131 previsti si era passati a 90 aerei in tutto, grazie a una battaglia parlamentare che aveva visto l’appoggio anche degli eletti della passata legislatura del Movimento Cinque Stelle, partito che oggi esprime la titolare della Difesa.
La Corte dei conti, nella relazione sulla spesa per gli F35 dell’anno scorso, metteva per altro in guardia da vari inconvenienti, tra cui ad esempio lo scarso impatto occupazionale (solo 6.300 posti di lavoro come picco nel 2019). Altro problema segnalato dalla Corte riguarda il continuo aumento dei costi di sviluppo del progetto, lievitati di oltre il 50% nella fase di sviluppo, nella quale si sono riscontrati «errori e carenze di progettazione» pesanti. Soprattutto per il tanto decantato e mai garantito « decollo verticale», come si è visto nei cieli del Norfolk.
Questa fase, che prevedeva gli aggravi di costo a carico del partner statunitense, è finita a maggio. Da adesso i costi di «retrofit» sono in testa ai partner europei, Italia in testa visto che la base di Cameri sarà l’unica ad assemblare i pezzi fuori dagli Usa.
E Pinotti invece di «sottrarsi a ulteriori acquisti» ha preferito comprare il pacchetto a prezzo calmierato. Senza neanche discuterne con il nuovo Parlamento.