il manifesto 7.6.18
L’Albiceleste mostra il cartellino rosso a Israele
Calcio.
Lio Messi e le altre stelle della nazionale argentina rinunciano alla
partita a Gerusalemme con Israele. Proteste rabbiose del governo
Netanyahu. I palestinesi applaudono: «Israele deve organizzare e
giocare a calcio solo all'interno di frontiere riconosciute».
Un
cartellone a Hebron invita l’Argentina di Messi a boicottare il match
con Israele: «Attenzione, stai entrando in un territorio occupato»
di Michele Giorgio
Doveva
essere la ciliegina sulla torta delle celebrazioni a Gerusalemme dei 70
anni di Israele. E invece si è rivelata un terribile boomerang per il
governo Netanyahu la decisione, anzi l’imposizione, della ministra
dello sport Miri Regev di spostare da Haifa a Gerusalemme la sede
dell’incontro di calcio amichevole tra Argentina e Israele. L’intento
di Regev era quello di affermare il controllo israeliano su tutta
Gerusalemme, usando come veicolo lo sport e la presenza del calciatore
più grande del mondo, Leo Messi, e delle altre stelle argentine del
pallone. Un po’ come era accaduto un mese fa con la partenza da
Gerusalemme del Giro d’Italia e del fuoriclasse della bici Chris
Froome. Ma la federcalcio argentina e l’Albiceleste non sono gli
organizzatori italiani del Giro, che pur di intascare un bel po’ di
milioni di dollari hanno ignorato le risoluzioni internazionali, le
proteste dei palestinesi (e non solo) e hanno celebrato Gerusalemme
capitale di Israele sulla scia delle dichiarazioni di Donald Trump,
peraltro in anticipo di qualche giorno sul trasferimento
dell’ambasciata Usa da Tel Aviv nella città santa. Gli argentini le
ragioni dei palestinesi le hanno ascoltate e per Israele è stata una
doccia fredda, anzi gelata. Niente più amichevole, la partita è stata
annullata per decisione di Buenos Aires.
Non è servita a nulla
la telefonata fatta martedì notte dal premier Netanyahu al presidente
argentino Macrì per sollecitarne l’intervento sulla federazione calcio
argentina. Dovranno perciò chiedere il rimborso del biglietto i circa
30mila israeliani che già sognavano di assistere alle prodezze di Messi
e compagni nello stadio della squadra del Betar Yerushalaim, criticata
in patria e all’estero per razzismo e violenze e che si vanta di non
aver mai messo sotto contratto un giocatore “arabo”, ossia un
palestinese con passaporto israeliano. La reazione di alcuni esponenti
governativi israeliani è stata rabbiosa contro argentini e palestinesi
con l’uso di toni apocalittici e di riferimenti a “terrorismo” e
”antisemitismo”. «L’annullamento (della partita) è assurdo, legittima
il terrorismo e la campagna (di boicottaggio di Israele) del Bds.
Purtroppo abbiamo cavalli di Troia alla Knesset che sostengono il
terrorismo», ha detto Regev riferendosi al deputato della Lista unita
araba, Yusef Jabarin, che aveva chiesto alle autorità diplomatiche e
alla federazione dell’Argentina di rinunciare alla partita a
Gerusalemme, in ragione del suo status di città internazionale
occupata. «È un peccato che l’elite calcistica argentina non sia stata
in grado di resistere alla pressione di coloro che predicano l’odio
verso Israele e il cui unico scopo è quello di distruggere Israele e
violare il nostro diritto fondamentale di difenderci», ha scritto su
twitter il ministro della difesa Avigdor Lieberman descrivendo una
partita di calcio in una guerra per l’esistenza stessa dello Stato di
Israele. Duri i commenti di altri esponenti della destra israeliana e
del capo dello Stato Rivlin mentre l’opposizione laburista ha accusato
la ministra dello sport di «incapacità» e di provocare con le sue
decisioni «tusnami» diplomatici.
E infatti tutto è nato dalla
decisione di Miri Regev di spostare la partita Gerusalemme. «Se la
nazionale argentina avesse giocato ad Haifa non avremmo protestato – ha
spiegato al manifesto un assistente di Jibril Rajoub, il presidente
della federazione palestinese, raggiunto telefonicamente a Ramallah –
gli israeliani hanno voluto politicizzare l’arrivo dei campioni
argentini allo scopo di sostenere l’annessione di Gerusalemme a Israele
sulla scia di quanto ha fatto Donald Trump, Noi non potevano
accettarlo». Rajoub era intervenuto con forza. Qualche giorno fa aveva
avvertito che «Milioni di appassionati palestinesi e arabi bruceranno
la maglietta di Lionel Messi» in segno di protesta. Inoltre, scriveva
ieri il quotidiano argentino Clarin, attivisti pro-Palestina, radunati
all’esterno del campo di Barcellona, dove si stavano allenando i
calciatori dell’Albiceleste, hanno chiesto a Messi di non giocare la
partita in Israele e hanno mostrato magliette con il numero 10
macchiate con di sangue. «Non lavate l’immagine di Israele, non andate a
giocare la partita!», hanno scandito. A Messi e altri giocatori
argentini, sarebbero arrivate anche minacce. Alla fine è giunta la
rinuncia argentina, accolta con grande favore da tutti i palestinesi.
«Valori, morale e sport oggi si sono assicurati una vittoria – ha
commentato Rajoub – mentre Israele ha ottenuto un cartellino rosso,
affinché capisca che non ha il diritto di organizzare e giocare a
calcio se non all’interno di frontiere riconosciute a livello
internazionale».