il manifesto 5.6.18
Gaza trasformata in cimitero piange uno dei suoi «angeli»
Gaza. Razan al Najjar, in prima fila per medicare i feriti, ammazzata da un cecchino israeliano
di Michele Giorgio
«Subiamo
attacchi continui da parte delle forze israeliane. Il mondo deve
intervenire, non facciamo nulla di male, curiamo le persone ferite».
Così scriveva qualche giorno fa sui social Razan al Najjar, 21 anni,
denunciando il fuoco dei tiratori scelti sul personale sanitario (e i
giornalisti) durante i venerdì della Grande Marcia del Ritorno. Il
pericolo non l’aveva mai spinta a rimanere indietro. Razan per 10
settimane è stata in prima linea per dare i primi soccorsi ai feriti,
indossando il suo camice bianco e il giubbotto dei paramedici.
«IL
COMPITO DI SOCCORRERE i feriti non è solo degli uomini, anche le donne
possono svolgerlo al meglio» aveva detto al New York Times. Due giorni
fa, a est di Khan Yunis, la 21enne è stata uccisa dal fuoco di un
cecchino. «Razan ed io eravamo insieme, il fumo sprigionato dai
candelotti lacrimogeni toglieva il fiato ma c’erano dei feriti verso le
barriere (con Israele) e volevamo soccorrerli. Quando ci siamo diretti
verso di loro gli israeliani ci fanno sparato contro all’improvviso.
Razan è caduta e ho visto una macchia di sangue allargarsi rapidamente
su tutto il suo giubotto» ricorda Reda, un’altra paramedica.
L’esercito
israeliano fa sapere che sta «indagando sull’accaduto» e che casi come
questo «sono esaminati attentamente» da un comitato militare interno. Ma
a Gaza nessuno crede che sarà preso alcun provvedimento punitivo nei
confronti di chi ha sparato. Di solito i comandi militari spiegano che
sono state seguite tutte «le regole d’ingaggio» e comunque, lo ripetono
anche i centri israeliani per i diritti umani israeliani, sono rarissimi
i casi di rinvio a giudizio per i soldati accusati di aver sparato
deliberatamente contro i palestinesi, tutti gli altri sono archiviati.
GAZA,
scriveva ieri qualcuno, si sta trasformando in un enorme cimitero. Le
uccisioni di palestinesi sono quasi quotidiane e non ci riferiamo solo a
quelli, almeno 120, della Grande Marcia del Ritorno. I feriti negli
ultimi due mesi sono stati 13mila, tra intossicati dai gas lacrimogeni e
quelli colpiti da proiettili veri. Nel triste elenco delle vittime
qualche nome genera più dolore, rabbia, frustrazione. Uno è quello di
Razan al Najjar, ormai simbolo della lotta della popolare contro il
blocco israeliano di Gaza. Ieri migliaia di abitanti di Khan Yunis hanno
accompagnato la ragazza nel suo ultimo viaggio, tra due ali di folla e
con centinaia di persone affacciate alle finestre a salutarla e a
pregare per lei. In prima fila dietro la salma avvolta nella bandiera
palestinese i colleghi della ragazza.
«IL MIO ANGELO ora si trova
in un posto migliore. Mi mancherai tanto. Possa la tua anima riposare in
pace mia bellissima figlia», ripeteva ieri tra le lacrime Sabreen, la
madre della giovane uccisa, mostrando il giubbotto intriso di sangue
della figlia. Razan al Najjar è il secondo paramedico palestinese a
essere ucciso da quando sono iniziate le proteste del venerdì lungo le
linee tra Gaza e Israele. Il primo, Musa Abu Hassanein, è stato ucciso
due settimane fa. Il ministero della salute di Gaza, riferisce che 223
paramedici sono stati feriti durante le manifestazioni e che le forze
israeliane hanno preso di mira 37 ambulanze. L’inviato delle Nazioni
unite in Medioriente, Nickolay Mladenov, ha ribadito in un tweet che
«gli operatori medici non sono un obiettivo». E la Palestinian Medical
Relief Society ricorda che altri tre operatori sono stati feriti dai
proiettili: «Sparare contro il personale medico è un crimine di guerra
secondo le convenzioni di Ginevra. Occorre una immediata risposta
internazionale». Risposta che è morta prima ancora di nascere per la
decisione degli Stati uniti di porre veto su un progetto di risoluzione
all’Onu che reclamava la protezione dei palestinesi a Gaza e nella
Cisgiordania occupata.
WASHINGTON DA PARTE SUA ha provato, senza
successo, a far passare una bozza di risoluzione che attribuiva al
movimento islamico Hamas la responsabilità completa di quanto accade a
Gaza da due mesi. Ieri infine è stato ucciso un palestinese che, secondo
il portavoce militare, avrebbe cercato di investire con la sua
automobile nei pressi di Hebron.