Il Fatto 4.6.18
C’è una Goretti pro-aborto che lotta in Nord Irlanda
Dopo
la vittoria dei “cugini” di Dublino il fronte si allarga all’Ulster,
che non gode, infatti, della legislazione di Londra. E per interrompere
le gravidanze bisogna volare in Inghilterra
di Sabrina Provenzani
La
domanda è inevitabile. Goretti Horgan risponde con una risata: “Si, il
mio nome è un omaggio a Maria Goretti. Sono la quinta di sette figli,
famiglia irlandese cattolica… ma mia madre era molto progressista, si
sarebbe fermata a due bambini se la legge lo avesse consentito, e ha
sempre sostenuto il mio impegno per il diritto delle donne
all’autodeterminazione”. Docente in politiche sociali all’Università
dell’Ulster, Horgan è una delle anime della Alliance for choice, costola
nord-irlandese della campagna TogetherforYes che il 26 maggio scorso ha
portato al trionfo del Sì nel referendum irlandese sull’aborto.
“Da
Derry abbiamo passato il confine e festeggiato con le compagne
irlandesi. Questa è stata sempre una campagna pan-irlandese”. Eppure, in
Ulster tutto è ancora da fare. Se in Inghilterra è consentito fino alla
ventiquattresima settimana, qui l’aborto è ammesso solo in casi di
gravissimi rischio per la salute fisica e mentale della madre: questo
perché l’interruzione di gravidanza rientra fra le questioni devolute,
su cui cioè vige una legislazione autonoma. Di fatto, i casi ammessi
sono pochissimi, e sono circa 700 ogni anno le nord-irlandesi costrette a
viaggiare in Inghilterra per portare a termine la procedura. Almeno
altre 400 si procurano pillole abortive online. La Horgan si è esposta
ammettendo di averne aiutate alcune: una sfida aperta alle autorità,
visto che procurare un aborto illegale può costare l’ergastolo. “Nessuno
finora è finito in prigione, ma chi è stata riconosciuta colpevole si è
vista privato del visto per gli Stati Uniti o per l’Australia e non
può, ad esempio, lavorare con minori”.
E la pressione è costante:
nell’anniversario della Giornata internazionale della donna, lo scorso
anno, la polizia ha lanciato una perquisizione su larga scala alla
ricerca di pillole abortive. La vittoria schiacciante del Sì nella
vicina Irlanda ha fatto circolare, nei media, l’ipotesi di un referendum
analogo in Ulster. “Ma non puntiamo a questo. Siamo fiduciosi che lo
vinceremmo, ma le condizioni per ottenerlo ora non ci sono. Puntiamo
invece alla decriminalizzazione dell’aborto per via legislativa”, spiega
Horgan.
E qui, gli ostacoli sono politici e amministrativi. Sulle
questioni devolute dovrebbe, per legge, decidere la Stormont Assembly,
il Parlamento nord-irlandese. Ma esecutivo e Assembly sono in un limbo
dal gennaio 2017, da quando sono saltati i delicati equilibri politici
fra fazioni opposte che governano le istituzioni nord-irlandesi in base
agli accordi di Good Friday.
TogetherforYes ha quindi aperto un
dialogo con Westminster, dove un gruppo bipartisan guidato dalla
deputata laburista Stella Creasy guida una campagna per i diritti delle
donne nel Regno. Nel giugno del 2017, la prima grande vittoria: la
Creasy raccoglie voti sufficienti ad ottenere il rimborso dei costi
dell’interruzione di gravidanza in Inghilterra per le donne
nord-irlandesi.
Per evitare una clamorosa sconfitta in Parlamento,
il governo May è costretto a giocare d’anticipo. Da allora le spese
sono coperte dal Dipartimento britannico per le Pari Opportunità.
Prossimo obiettivo: inserire nella riforma della legge sulla violenza
domestica in discussione a Westminster un emendamento per
decriminalizzare l’aborto in tutto il Regno, compresa l’Irlanda del
Nord. Emendamento sostenuto, in una significativa dimostrazione di
solidarietà femminile, anche da alcuni pesi massimi dei Tory come Amber
Rudd, Justine Greening, Nicky Morgan e la stessa sottosegretaria alle
Pari Opportunità Penny Mordaunt.
Downing Street si è affrettata a
dire “no”: si tratterebbe di una indebita ingerenza di Londra su una
questione di pertinenza esclusiva di Belfast. La vera ragione del
rifiuto? la tenuta del già vacillante governo May dipende dall’appoggio
esterno dei dieci parlamentari unionisti nord irlandesi, la cui leader
Arlene Foster è contraria a qualsiasi compromesso sull’aborto. Ma
Goretti è fiduciosa: “Continueremo con le pressioni. Dopotutto, la
vittoria del Sì a Dublino ha dimostrato che l’alleanza fra donne può
spostare montagne”.